L’amore è un gioco a perdere
Al Nuovo Abeliano un lavoro di e con Melania Giglio che ritrae la Amy Winehouse dell’ultima settimana di vita

Gestire vita pubblica e vita privata è gioco d’equilibrismo nel quale solo poche tra le persone di successo riescono. A precipitare sono soprattutto i divi dello spettacolo, con prevalenza dei rappresentanti del mondo della musica. Dalla seconda metà del Novecento, fra Jimi Hendrix, Jim Morrisonm Janis Joplin e Kurt Cobain, è stata una moria. Ultimo cadavere eccellente, Amy Winhouse. Bastarono 27 anni di vita e appena sette album pubblicati – di cui tre in studio, un ‘live’ e tre raccolte – perché questo tormentato e purissimo talento entrasse nel Mito. Ma poiché senza quest’aura di artista ‘maledetta’, bruciata dall’alcool e dalla tossicodipendenza, la Winhouse sarebbe entrata solo nella Storia, raccontare l’artista e la donna è in questo caso un tutt’uno. La pensa così Melania Giglio, autrice e interprete principale di ‘My Winehouse – l’amore è un gioco a perdere’, un racconto in musica e prosa diretto da Daniele Salvo e prodotto da Bis Tremila che sta raccogliendo ovunque consensi. Ne ha raccolti anche al Nuovo Abeliano, dove lo spettacolo ha fatto tappa nell’ultimo fine settimana. ‘My Winehouse’ ruota attorno ad un’idea scenografica forte : Una vasta cancellata che fa da quarta parete fra platea e palcoscenico. Oltre la stessa, alla stregua di un animale da giardino zoologico, si muove una donna ‘reclusa’. La Winehouse, che fu solo libera di autodistruggersi, si sentiva ‘ingabbiata’ da amanti, parenti, amici, fan, produttori, giornalisti… tutta gente con la quale arrivò persino ad azzuffarsi procurando e rimediando ferite, talvolta col contorno di una lite giudiziaria. Lo spettacolo della Giglio offre il suggestivo spaccato domestico di una star già al capolinea che ora fa i capricci, ora implora aiuto (non senza mandare all’inferno l’intero prossimo), mentre risponde al telefono, ciondola, si trascina lungo uno spazio scenico che dà di binario morto ; particolare di non poco conto, il grande orologio a muro è privo di lancette…. Oasi di lucidità amara si vestono di asprezze e di acuti ironici gustosi : “Vorrei svanire per autocombustione”, “siete peggio della Stasi”, “siete allegri quanto un Circolo del Cucito”… Esse intervallano un testo tanto ben scritto quanto spietato e che grida ai quattro venti una verità elementare : Dietro la star instabile si nascondeva una donna comune che – se non fosse andata a cercarsela – si sarebbe contentata di un figlio, un marito, una casa e qualche rata da pagare. Ma così non sarebbe esistita nessuna Amy Winehouse…. Notevole la prova di Melania Giglio, la quale prima rende bene la grazia sgangherata, la sensualità decadente e il colore a suo modo fatale della Amy degli ultimi giorni, quindi sorprende per il temperamento e la fisicità con cui sa entrare nella Winehouse ‘da palco’. Costituisce quest’ultimo l’aspetto più riuscito dello spettacolo ; davvero inattesa la voce della Giglio, penetrante, estesa, leggermente roca, cattiva e vibrante di sonorità soul vicinissime a quelle della grande cantante londinese. Nel finale la breve epopea si veste d’epico : Tra fumi da concerto, la protagonista anticipa la propria fine assumendo nella vasca da bagno una posa che omaggia il Marat pugnalato di un celebre dipinto di David. Al termine, meritato tripudio per la Giglio e per i bravi Marco Imparato e Lorenzo Patella, entrambi nei panni delle uniche figure maschili rimaste vicino alla Winehouse sino all’ultimo giorno. La regia di Daniele Salvo mette ben in equilibrio le molte risorse messe in campo dando vita ad una narrazione senza strappi, che convince ed appassiona.
Italo Interesse
Pubblicato il 8 Ottobre 2025



