Cultura e Spettacoli

L’arte figurativa per ripensare spazi urbani e domestici

Dal 2 Luglio, lo spazio Murat ha riaperto le porte all’arte, bene di necessità, per eccellenza, dell’anima. A essere esposti al pubblico sono i lavori di due donne lontane per origine e generazione ma legate da luce e sensibilità: Natalija Dimitrijević e Maria Trentadue. La mostra è stata realizzata con il sostegno degli Ingegneri della Provincia di Bari e grazie alla collaborazione di Microba, Achrome e Pinacoteca Metropolitana di Bari “Corrado Giaquinto”. La giovane artista serba, laureatasi lo scorso anno all’Accademia delle belle arti di Bari, dipinge gli interni, gli ambienti domestici, percorre spazi di case in cui è stata. Il dittico di Natalia, situato all’ingresso, è stato realizzato nei giorni precedenti all’inaugurazione proprio all’interno dello Spazio, non senza la spontanea “intromissione“ della creatività dei bambini che in queste settimane partecipano ai workshop organizzati da Himpact Hub. Lo spazio, e le circostanze hanno interagito con la dimensione artistica della Dimitrijević, insieme al patrimonio, tutto nostrano delle opere di Maria Trentadue. L’artista modugnese(1893-1977), era una contadina, il cui spirito creativo si è espresso, grazie soprattutto al supporto del poeta Tommaso di Ciaula, nella decorazione a smalto di oggetti di vario genere(anfore, bottiglie, oggetti in ferro), e nella sperimentazione su materiali di ogni tipo: cartone, pezzi di compensato, tele, vetro, e persino lastre fotografiche. Maria dipingeva gli esterni, i paesaggi urbani, la vita e la socialità contadina. La mostra, già prevista in  programmazione, si carica oggi di nuovi significati, di nuove riflessioni e prospettive. Il dialogo tra due artiste lontane nel tempo, sembra fondarsi così sulle nuove riflessioni tra spazio pubblico e privato alle quali oggi non è più possibile sottrarsi, quel rapporto interscambiabile tra lavoro e ozio tutto da rivedere, da ripensare. Gli oggetti di un passato rustico decorati dalla Trentadue, come ferro da stiro e  capasone, convivono con i site specific della Dimitrijević, un dittico che rappresenta una cucina e una natura morta (particolare ripreso dalla cucina), e sembrano invocare la rivalorizzazione del diritto alla casa e al lavoro domestico. “C’è un intelligenza delle mani, anzi una santità delle mani” per dirla con il collezionista Vito Intini, e il suo valore va conservato. “È una bi-personale”- racconta la curatrice Melissa Destino- “mi piace che nel titolo ci sia la congiunzione e, perché la filosofia occidentale è invece fondata sulle disgiunzioni. Oggi abbiamo bisogno di unire e non di separare.” Un’ unione quella di queste donne, e artiste, che parte dal nostro territorio, dai nostri autori, dal nostro passato e si lascia contaminare dalla ricchezza delle liquide identità artistiche contemporanee. Un invito a ricalibrare lo sguardo sul tempo e sullo spazio, sul forte valore della resistenza e della  conservazione. Un respiro collettivo, una richiamo alla sensibilità come quello che ha animato la conferenza stampa di presentazione della mostra i cui interventi, seppur istituzionali, hanno lasciato emergere la commozione degli operatori culturali che dopo il buio di questi mesi, sono tornati a piccoli passi a far vivere gli spazi artistici della nostra città. La mostra per la prima volta, non avrà un biglietto fisso ma, visto il momento di grande difficoltà per tutti, una donazione volontaria che parte da un minimo di 50 centesimi. Questo per due motivi: sostenere lo spazio e la sua programmazione futura; permettere a tutti un accesso alla cultura il più sostenibile possibile.

 

Federica Muciaccia


Pubblicato il 9 Luglio 2020

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