L’astuzia di Tartufo, la dabbenaggine di Orgon
È stata in cartellone alla Casa di Pulcinella ‘Tartufo’, una produzione L’Occhio del Ciclone, per la direzione di Gianfranco Groccia

Non c’è rosa senza spine, recita un celebre adagio. Parole che ben s’adattano al personaggio di Tartufo, il protagonista dell’omonima opera di Molière, figura tra le più esecrande della storia del teatro per calcolo, doppiezza, perfidia e, soprattutto, per la capacità di manipolare e sorprendere (in negativo). Opportunamente, uno spinoso gambo di rosa distribuito fra locandina ed elementi scenografici è il segno grafico caratterizzante di un allestimento di ‘Tartufo’ diretto da Gianfranco Groccia e che la compagnia L’Occhio del Ciclone ha di recente messo in scena alla Casa di Pulcinella. Ancora un allestimento essenziale (due vasti pannelli ed altrettante ondivaghe sedie) per un racconto sostanzialmente sobrio, salvo isolati acuti enfatici, che, facendo leva sul dinamismo corale, strizza l’occhio al passo di danza, senza tralasciare occasione per divertire la platea ; non mancano pertinenti richiami al presente (pattini a rotelle, tessuti mimetici, pantaloni femminili) ribaditi da ritmati stacchi musicali. Apprezzabile il contributo del cast, composto da Maria Albacello, Francesco Cassano Cassano, Florinda Colella, Danilo D’Anna, Ada Interesse, Loredana Lorusso, Michele Scarafile, Guido Valrosso, Cinzia Ventola. Molto atteso nei panni di Tartufo, Lino De Venuto carica l’aspetto meschino del personaggio, spingendolo ai limiti della macchietta (spassoso l’atteggiamento concupiscente). Ne viene una figura più tragicomica che machiavellica (peraltro apprezzatissima dal pubblico) e che sembra pensata per mettere nella migliore evidenza la dabbenaggine di Orgon, l’infausto padrone di casa. Una certa sorpresa ha destato l’adattamento di Teo Saluzzi : Nel finale, il Gendarme che arresta Tartufo, invece di uscire in compagnia del reo, resta in scena per offrirsi (e con successo) a Orgon in qualità di figura sostitutiva dell’impostore appena assicurato alla Giustizia ; sulla comica desolazione dei famigliari cala il sipario. – Giova osservare che in origine l’opera si concludeva con la vittoria di Tartufo, ma Luigi XIV per una questione di immagine fece correggere l’opera. Nel testo di Molière, infatti, quando il Gendarme arresta Tartufo, oltre a proclamarlo colpevole, gli rimprovera l’enorme ingenuità d’aver creduto, anche solo per un attimo, di illudere la lungimiranza del Re di Francia, paladino delle persone oneste, che aveva inscenato la farsa del finto notaio al solo scopo di realizzare fin dove si spingesse la malvagità di Tartufo, già noto allo stesso re come famoso truffatore. – Da segnalare infine i contributi di Raffaele Mele (aiuto regia), Pietro Matarrese (disegno luci e audio), Leonardo Loiacono (scenotecnica), Atelier Matisse (costumi), Giulia Mininni (decorazioni), Max Arcano (grafica e foto di scena).
Italo Interesse
Pubblicato il 4 Febbraio 2025