Cultura e Spettacoli

L’attesa oltre Beckett

Quanti precedenti ha la trasposizione in termini coreutici di ‘Aspettando Godot’? Certamente pochi. Tra questi dobbiamo annoverare quella che reca la firma di Domenico Iannone.  ‘L’attesa’, il lavoro del coreografo barese, è però solo ispirato al testo di Beckett. Difatti, qui nessun Ragazzo fa da emissario per il Signor Godot. Ma allora cosa, chi ‘attendono’ Vladimiro ed Estragone? Non certo il misterioso Pozzo e il povero Lucky che dal primo viene portato al guinzaglio, il transito periodico dei quali non distoglie Estragone e Vladimiro dall’intensità del sofferto rapporto (anche d’amore) che sembra legarli per l’eternità. L’unica è che dei due, l’uno aspetti l’altro… I conti tornano se si accetta che entrambi vivono e interagiscono nell’attesa di ‘confondersi’ l’uno nell’altro, ovvero di evolvere, di andare oltre se stessi, di superare l’individualità per accedere ad una dimensione spirituale senza più limiti, collettiva, universale… Messe così le cose, il lavoro di Iannone esplorerebbe solo in superficie il bisogno d’amore, manifestando invece tra le righe altro bisogno, quello di ritrovarsi attraverso il prossimo. Senza buttarla sul complicato, più in generale ‘L’attesa’ è espressione prepotente di vitalità. Una vitalità più dello spirito che della carne, riflesso di un istinto primigenio che rende tale spirito curioso e perciò incline a sondare, cercare, capire. Insomma, involontariamente o meno, qui si parte da Beckett e si va oltre, ovvero si fa del più fulminante lavoro del commediografo irlandese il trampolino di lancio per una vertiginosa avventura del pensiero. Avventura a lieto fine, possiamo dire, dal momento che le forze messe in campo da Iannone ne ripagano ampiamente gli sforzi. Mauro Losapio e Filippo Mongelli raccontano bene la strana solitudine dei due mendicanti che Beckett raffigura fermi sotto un salice lungo una strada di campagna e che qui invece si presentano come sospesi nel vuoto, avendo come unico punto di riferimento una sedia e altri pochi, insignificanti oggetti. Nella sua partecipazione straordinaria Vito Signorile è un Pozzo perfettamente stralunato, un’anima naufragata senza rimedio. Quando ad Enrica Mongelli, la sua seducente esuberanza non chiude la porta alla sensibilità e all’ambiguità necessarie alla rappresentazione del personaggio di Lucky, questo servo costretto all’umiliazione del guinzaglio, non senza un sottile piacere di sottomissione. Splendide le scelte musicali. Hanno contribuito al successo dello spettacolo : Danilo Milillo (direzione tecnica), Roberto De Bellis (luci), Luca Ippolito (fonico) e Gianni Pantaleo (organizzazione).

Italo Interesse

 


Pubblicato il 13 Dicembre 2017

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