Lavoro a scadenza variabile: l’inferno dei formatori pugliesi
Ma come si fa in Puglia a continuare a parlare di avvio al lavoro dei giovani, coi milioni e milioni di euro pronti a rovesciarsi sui vari enti pubblici sotto forma di piani resistenti e resilienti eppoi girare la faccia dall’altra parte. Come, appunto, accade in Puglia allorquando ci sono un centinaio di lavoratori ai quali i diritti più elementari vengono quotidianamente calpestati? <<Vi pregherei di dare notizia del mio caso che mi vede coinvolta unitamente ad altri cento formatori in carica presso i centri per l’impiego della Puglia>>, posta alla nostra redazione Nada (…chiamiamola così, tanto il nome in questi casi conta veramente poco) raccontando la solita storia di indifferenza e diritti negati. <<Dopo più di quarant’anni di servizio maturato, l’anno venturo a prmavera vado in pensione. E’ risaputo del potenziamento dei centri dell’impiego e difatti assumono nuove figure e per noi pilastri degli Uffici non ci sono fondi per i nostri stipendi e saremo licenziati il primo aprile prossimo. La situazione è insostenibile, oltre che vergognosa. Ringrazio e invio cordiali saluti>>. Ecco, questa è la testimonianza di chi almeno trova il coraggio e la forza di non nascondersi e scrive a un giornale locale, ma i destinatari della ‘vergogna’ dove sono?, che fanno a favore dei formatori pugliesi? I sindacati battono dove il dente duole e chiedono agli amministratori regionali (i centri dell’impiego da quattro anni sono passati per legge dalle province all’ente regionale pugliese) un provvedimento per queste persone senza diritti. E senza santi in paradiso. “”Per i formatori chiediamo che venga finalmente superata una condizione lavorativa che, di fatto, riproduce una perenne precarìetà che finisce per negare la dignità professionale di queste lavoratricie lavoratori””, hanno già messo nero su bianco i rappresentanti sindacali della Triplice, rivolgendosi pure all’Agenzia Regionale delle Politiche Attive del Lavoro (Arpal). Chiedendo, in prima battuta beninteso, un “…prowedlmento legislativo responsabile e urgente da parte del Consiglio Regionale, che ha l’obbligo morale, prima che politico, di risolvere una situazione che sitrascina da oltre un decennio con prowedimenti amministrativi utili a tamponare soltanto l’emergenza. E che hanno costantemente negato i1 diritto a un contratto a tempo indeterminato”. Parole pesantissime che in una regione ‘normale’ avrebbe rappresntato una specie di chiamata alle armi per i politici onesti e magari anche per l’opinione pubblica. Ma in Puglia sembra non esista ne l’una, né tanto meno l’altra, da troppo tempo. Insomma, negli ultimi anni s’è persa in Regione per Cgil, Cisl, Uil e Snals un’occasione che avrebbe potuto risolvere i problemi di oltre cento di famiglie che semestralmente vivono, da troppi anni, l’anticamera del licenziamento senza alcun progetto di vita. In un sistema, quello della formazione professionale pugliese, in cui oggi nessun partito politico regionale può andare esente da responsabilità. E dunque i sindacati chiedono che la ‘politica’ -magari quella con la ‘P’ maiuscola, se ancora esistesse… – torni a fare la sua parte e ad assumersi le proprie responsabilità. E invece, per turra risposta, l’ultimo esempio, in ordine cronologico, la soluzione posta in essere lunedì 16 febbraio, a un solo giorno dalla scadenza della convenzione fissata al giorno 17, con l’ennesimo atto di giunta che ha prorogato l’attività dei formatori al 31marzo 2022, ormai alle porte. E se il lavoro è vita, la vita dei formatori pugliesi è stata allungata di un altro mese e mezzo scarso…anche meno!
Francesco De Martino
Pubblicato il 23 Febbraio 2022