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Le Asl per accorciare le liste d’attesa aprono ai medici in pensione, ma poi non li chiamano

Nella nostra regione la carenza non è forse il numero dei professionisti, ma i fondi della Sanità

In Puglia la Regione lamenta la carenza di medici per giustificare ritardi e disservizi da parte di Asl ed ospedali pubblici nello smaltimento delle liste d’attesa e, in particolare, per le code di pazienti che stazionano nei Pronto soccorso prima di essere smistati nei reparti o dimessi. Infatti, il Dipartimento alla Salute della Regione per tentare di ovviare alla penuria di personale medico già da tempo ha – come è noto – spalancato le porte a medici specialisti in quiescenza, che volontariamente vogliano rientrare in servizio per far fronte alla contingente situazione di emergenza. Sta di fatto, però, che i medici in quiescenza ed in buone condizioni fisiche che hanno manifestato interesse a rientrare in servizio ci sono però, nonostante Asl e ospedali continuino ad essere sottorganico, soprattutto nei Pronto soccorso, non tutti i sanitari resisi disponibili vengo poi chiamati effettivamente. E’ questo il caso di un medico barese con ben tre specializzazioni nel curriculum professionale (oltre ad un’esperienza ultra quarantennale, essendo laureato dal 1976) che, pur avendo fatto domanda di rientro, aderendo ai bandi sia della Asl di Bari che di quella di Brindisi, stranamente la sua disponibilità non è stata presa finora in considerazione. Motivo? Stante a quanto riferisce lo stesso professionista, dopo essere stato convocato presso il reparto di medicina del lavoro dell’Ospedale San Paolo in Bari, per gli accertamenti sanitari preventivi al rientro in servizio, un infermiere gli ha comunicato che la sua disponibilità non poteva essere accolta “perché non vaccinato al Covid 19”. A nulla sono poi servite le ragioni prospettare dal professionista circa la sua mancata profilassi anti-Covid, considerato che lo stesso, avendo contratto il Covid, si era autoimmunizzato, oltre al fatto che anche dal punto di vista normativo, con la cessazione dello stato d’emergenza pandemica, tale adempimento è decaduto. A conferma dell’irrilevanza della motivazione addotta dall’infermiere al mancato accoglimento della domanda di rientro in servizio del professionista barese ci sarebbe il fatto che alla Asl di Brindisi non solo non gli è stato chiesto alcunché circa la profilassi anti-Covid, ma ai numerosi tentativi da lui effettuati per avere notizie circa l’esito della sua domanda, attraverso gli apposti uffici indicati sul sito web della Asl di Brindisi, il medico barese si è sentito rispondere che “la pratica di riammissione in servizio non era di loro competenza”. “Allora – si è chiesto il volenteroso sanitario in vena di dare un aiuto a smaltire liste d’attesa o code nei Pronto soccorso – come stanno realmente i fatti?”. Per poi commentare: “Intanto le liste di attesa nelle Asl pugliesi languono in un interminabile elenco che gli uffici del personale tentano di accorciare trasferendo medici da un ospedale all’altro, oppure assumendo medici attraverso le agenzie interinali, con costi rilevanti per il Ssn e con sevizi non sempre di ottima qualità”. “Oppure ancora – si chiede retoricamente il professionista in attesa di risposta alla sua disponibilità di ritorno in servizio – nell’Asl di Bari e quella di Brindisi aspettano che le liste di attesa si accorcino da sole?”. Infatti, il sospetto è che in Puglia la reale carenza non sia di medici, sia pure in quiescenza, disposti a riprendere il proprio lavoro per risolvere l’attuale situazione di mal funzionamento di talune strutture sanitarie, ma che a scarseggiare effettivamente siano i fondi regionali necessari a pagare il personale medico da impegnare per detta emergenza. E che possa essere effettivamente questa la motivazione per cui le Asl di Bari e Brindisi, dopo aver indetto il bando per la manifestazione d’interesse a riprendere servizio dei medici in quiescenza, si sono in realtà poi dimenticate di procedere alle riassunzioni, è altamente plausibile. Infatti, è recente la notizia che la Regione stia dando un giro di vite sugli investimenti nella Sanità pugliese. Infatti, stante alle ultime disposizioni dell’Assessorato alla Salute ogni tre mesi Asl e ospedali pugliesi dovranno presentare le proprie proposte di adeguamento strutturale, potenziamento tecnologico o di acquisto di beni e servizi al dipartimento “Promozione della Salute”, che valuterà la possibilità di ammissione della proposta e individuerà eventuali fondi. Le proposte devono essere, poi, preventivamente inserite nelle programmazioni triennali dei lavori pubblici. Invece, in caso di proposte di investimenti per acquisto di attrezzature, occorrerà allegare la bozza di progetto di acquisto in cui sia individuata la strategia di gara, il dettaglio delle attrezzature e dei prezzi, mentre per interventi di lavori, occorrerà allegare la relazione di progetto, la planimetria dei luoghi e la strategia di gara anche per i servizi di progettazione e direzione lavori. Mentre, in caso di proposte di investimenti per acquisti di servizi informatici, sarà necessaria la relazione dei servizi Ict aziendali circa la conformità con gli obiettivi di digitalizzazione. In definitiva, per i medici in quiescenza che hanno manifestato alle Asl pugliesi la loro propensione a rientrare in servizio, (come nel caso riferito) ma che non hanno ancora avuto risposta, l’importante è forse parlare chiaro. Ovvero che in Puglia il deficit non è verosimilmente soltanto di professionisti da destinare nei Pronto soccorso e negli ambulatori medici per accorciare code e tempi d’attesa per gli utenti, ma è soprattutto, verosimilmente, di risorse economiche da impegnare per la risoluzione di detti problemi. E chissà che, in base a tali presupposti, tra i medici in quiescenza pronti a collaborare non vi siano anche alcuni disponibili al solo volontariato.

 

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 28 Luglio 2023

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