Cultura e Spettacoli

Le colonne di Torre Chianca

A ottanta metri da Torre Chianca, località dello Jonio salentino non lontana da Porto Cesareo, affiancate su un fondale sabbioso alla profondità di quattro metri, giacciono cinque colonne lunghe 9 metri e del diametro variabile tra i 70 e i 100 cm. Le colonne, che sono di era romana (II-III sec. d.C.), si presentano quasi parallele, orientate in direzione NS, appena fuori la direttrice che congiunge Torre Chianca con l’antistante Isola della Malva. Provenivano dalle cave di Karystos, all’estremità meridionale di Eubea ? La loro presenza in acqua ha trovato concordi gli studiosi : facevano parte del carico di una nave affondata (al di sotto della prima colonna si intravvede un manufatto metallico di forma triangolare con numerose scanalature forse appartenente alla prua dell’imbarcazione). Quanto all’insolito posizionamento, è fuori discussione che esse si siano ritrovate sul fondo allo stesso modo in cui erano stivate. Dunque, avanzi di naufragio (lo stesso tratto di fondale è ricco di ‘cocciame’). Un naufragio avvenuto a pochi metri dalla salvezza ; sarebbero bastate poche decine di metri perché la nave si arenasse sul medesimo banco di sabbia. Fu forse un’ondata più forte delle altre ad aprire una falla decretando la fine di nave e carico ; chissà l’equipaggio. Le dimensioni dei manufatti e la qualità del materiale (‘marmor carystium’ o marmo cipollino, un materiale di colore grigio-verdognolo dalle delicate venature ondulate e tortuose) fanno pensare ad una fastosa destinazione pubblica. Ipotesi che osterebbe col fatto che le colonne hanno diametro variabile, oscillante fra i 70 e i 100 cm. e che si presentano rozzamente sbozzate. Ma le due cose sono collegate. Quelle colonne erano, per dirla modernamente, prodotti ‘semilavorati’. La loro rifinitura  avveniva a destinazione poiché gli scalpellini non lavoravano in cava. Ora, considerando che le dimensioni delle colonne in questione dovevano per forza di cose uniformarsi a quelle della colonna grezza più sottile, si può concludere che quei manufatti erano destinati più a una funzione ornamentale che di sostegno (un elemento cilindrico alto nove e del diametro di meno di 70 cm. è troppo fragile per avere una funzione statica). Infine un ‘giallo’. All’atto della scoperta, avvenuta nel 1960, le colonne di Torre Chianca erano sette ; le due mancanti sono sprofondate nella sabbia. Ma può un cedimento del banco di sabbia escludere – e in modo così marcato – altri ruderi tanto ravvicinati? Può essere che le colonne mancanti, invece, siano sprofondate altrove, nel corso di un malriuscito e clandestino lavoro di recupero.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Ottobre 2013

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