Cultura e Spettacoli

Le grotte di Villa Castelli

Il territorio di Villa Castelli, un centro di novemila abitanti del brindisino, si colloca in un’area collinare al confine tra Salento e Valle d’Itria e si presenta ricco di grotte naturali: Barcari, Malecantone, Cuoco, Sacramento… Le più importanti sono Facciasquata, Fellone e Montescotano per il fatto di recare tracce di antico insediamento. La grotta di Facciasquata  si apre nei pressi della masseria Abate Carlo a un’altitudine di 300 di quota. Dai reperti rinvenuti si desume abbia ospitato uomini del neolitico e abbia fatto da rifugio anche in epoca altomedievale. La grotta di Monte Fellone, ubicata nei pressi all’omonima masseria del XVII secolo, fu abitata durante il Neolitico Medio e saltuariamente nell’Età del bronzo, come testimoniano graffiti anche di esecuzione accurata, reperti di tipo fittile, litico e faunistico e un osso umano lavorato, forse utilizzato come strumento musicale.La grotta di Montescotano reca segni di più recente frequentazione : Il rinvenimento di numerose lucerne fa pensare che l’antro sia stato utilizzato come luogo di culto prima in età messapica, poi in età romana lungo un arco temporale compreso tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. Come spiegare tanta predilezione dei nostri progenitori verso questo territorio ? La sua equidistanza fra Adriatico e Jonio dovette fare la differenza rispetto ad altri siti. Per di più esso era solcato da importante corso d’acqua, (il Pactius o Ausonius di cui parla Plinio il Vecchio nel suo Naturalis Historia) il cui alveo – grosso modo – è ancora individuabile nel tracciato dell’attuale Canale Reale. Alimentato dalla sorgente sita in contrada Antoglia, alla periferia di  Villa Castelli e nota come Fonte Strabone, o Fonte dei Grani, questo importante fiume scorreva all’interno della cosiddetta ‘soglia messapica’ – una depressione carsica che separa la Murgia meridionale da quella tarantina e dalla piana del Salento- attraversando quelli che sono oggi i territori di Francavilla, Oria, Latiano, San Vito dei Normanni e Carovigno prima di sfociare in località Iazzo San Giovanni, nei pressi di Torre Guaceto. Una via d’acqua certamente navigabile che nei suoi oltre quaranta chilometri di corso non poteva non offrire preziose occasioni di contato e scambio con altre comunità dell’alto Salento. Il mar Jonio, invece, era agevolmente raggiungibile attraverso i fiumi che scorrevano all’interno delle numerose gravine del tarantino. Tanta abbondanza d’acqua alimentava una fauna variegata, ricchezza che si traduceva in riserva alimentare per le primitive comunità raccolte intorno alle grotte di Facciasquata, Fellone e Montescotano.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 18 Settembre 2021

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