Cultura e Spettacoli

Le vite spezzate di 262 minatori nel disastro di Marcinelle

Erano le ore 08.11 dell’8 agosto 1956, quando un errore umano scatenò un vastissimo incendio all’interno della miniera di carbone “Bois du Cazier” nella città di Marcinelle in Belgio. L’incidente, causato dalla combustione d’olio ad alta pressione innescato da una scintilla elettrica, provocò 262 morti su un totale di 274 uomini presenti nella miniera, e i minatori italiani che persero la vita furono 136 dei quali 22 pugliesi. Nel secondo dopoguerra furono oltre 140 mila gli italiani che partirono alla volta del Belgio, di cui 50 mila furono impiegati nelle miniere a seguito di un protocollo italo-belga siglato il 23 giugno 1946 tra i governi di Roma e Bruxelles (accordo “Uomo-Carbone”) che prevedeva l’invio di mille minatori italiani a settimana in cambio di 200 kg di carbone al giorno per ogni emigrato. Il nostro Paese, a quell’epoca soffriva ancora degli straschichi della guerra: 2 milioni di disoccupati e grandi zone ridotte in miseria. Per non parlare delle centinaia di migliaia di profughi da ricollocare poichè cacciati dai possedimenti coloniali e dai territori italiani occupati dalle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale. Infatti, con il Trattato di Parigi del 1947, all’Italia venne imposta -dagli Anglo-Americani e dalla Russia- la rinuncia dei possedimenti territoriali in Africa (Libia, Eritrea e Somalia), la cessione delle isole del Dodecaneso alla Grecia, la cessione delle terre di confine del nord-est (Istria, Fiume, Dalmazia, isole del Carnaro) alla Jugoslavia, la cessione dell’isola di Saseno all’Albania, e la cancellazione dei trattati commerciali favorevoli all’Italia stipulati con la Cina. L’accordo commerciale tra Italia e Belgio del 1946 evidenziò due aspetti: da un lato la rivalsa del sistema liberal-capitalistico che riduceva l’uomo a merce di scambio col carbone; dall’altro che il prezzo da pagare per la disfatta italiana si acuì di fronte alla necessità di inviare all’estero la nostra manodopera , senza la certezza di un salario dignitoso e con l’arida nozione che il sacrificio fosse fatto solo al bisogno di sfuggire alla miseria. A Marcinelle il “pozzo I” della miniera era in funzione dal 1830 e la sua manutenzione era ridotta al minimo necessario. La maggior parte delle strutture all’interno del pozzo erano in legno, materiale più comunemente impiegato ma ad alto rischio combustione. Dopo l’incendio, trascorsero due settimane prima che i soccoritori riuscissero a raggiungere l’ultimo gruppo di minatori all’interno della miniera. Non poterono constatare che erano tutti morti.Uno scenario ben diverso da quello che gli italiani trovarono negli anni ’30 in Patria e nelle Colonie, dove il lavoro veniva garantito con precise leggi e lungimiranti norme sindacali concernenti i diritti e i doveri dei lavoratori sanciti nella “Carta del Lavoro” (cancellata il 14 settembre 1944 con il Decreto n.287 del Governo Badoglio). La miniera Bois du Cazier venne chiusa definitivamente nel 1967. A seguito dell’incidente, terzo per numero di vittime tra gli italiani all’estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson negli USA, ci furono due processi che portarono nel 1964 alla condanna di un ingegnere (a 6 mesi con la condizionale). Nel 2005 il Presidente della Repubblica -Carlo Azeglio Ciampi- ha conferito alle vittime di Marcinelle la medaglia d’Oro al merito Civile con la seguente motivazione: <<Lavoratore emigrato in Belgio in seguito alla tragica esplosione di gas verificatasi nella miniera di carbone di marcinelle, rimaneva bloccato, insieme ad altri centotrentacinque connazionali, in un pozzo a più di mille metri di profondità, sacrificando la vita ai più nobili ideali di riscatto sociale. Luminosa testimonianza del lavoro e del sacrificio degli italiani all’estero, meritevole del ricordo e dell’unanime riconoscenza della Nazione tutta>>. Oggi il sito è diventato un museo di archeologia industriale e dell’attività mineraria oltre che un memoriale inaugurato nel 2006, in occasione del 50° anniversario. Dal 2012 è stato proclamato dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

Maria Giovanna Depalma

 


Pubblicato il 8 Agosto 2017

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