Cultura e Spettacoli

Legge Pica, legge nemica…

Il nome di Giuseppe Pica (L’Aquila,  1813 – Napoli,  1887) resterà legato alla Legge che porta il suo nome e che rimase in vigore nel Mezzogiorno d’Italia dal 15 agosto 1863 al 31 dicembre 1865. Mai in così breve lasso di tempo un legge produsse tanti danni. Pensata per combattere la ‘piaga’ dell’insurrezione post-unitaria, la Legge Pica si rivelò iniqua e gratuitamente dura. Migliaia le persone incarcerate, deportate, assegnate ai lavori forzati o fucilate. Legge Pica, legge nemica… si mormorava. Per agevolare l’applicazione della Legge, Consigli Inquisitori erano incaricati di stendere liste di ‘sospetti’.  L’iscrizione nella lista costituiva di per sé un elemento d’accusa. Ciò consentì ai tanti voltagabbana e  doppiogiochisti che popolavano questi Consigli di incolpare senza fondamento possibili testimoni d’accusa, di danneggiare innocenti per trarre vantaggi economici o di addebitare in modo mirato reati inesistenti all’unico scopo di consumare vendette private. In alcuni casi la Legge Pica aveva persino effetto retroattivo… Molti si domandano oggi se in tanto ‘livore legislativo’ Pica non vi mise del suo. E’ possibile. La sua Legge infatti tradiva uno spiccato sentimento antiborbonico. Non si fosse appassionato alla causa politica, forse Pica sarebbe divenuto uno dei maggiori penalisti del suo tempo. Invece si lasciò sedurre dalle idee liberali e per questo fu condannato nel 1845 a sette mesi di carcere. Ciò non ne fiaccò lo spirito. Quando Ferdinando II, in seguito ai moti del 1848, dovette concedere la Costituzione, Giuseppe Pica si ritrovò deputato per il Collegio de L’Aquila alla prima legislatura del Parlamento napoletano. Ma poi, sappiamo, il Re sciolse il Parlamento e ritirò la Costituzione. Pica, che tra i deputati si era fatto alquanto notare per “vivacità”, fu arrestato, sottoposto ad un processo durato quattro anni e infine condannato a ventisei anni di carcere duro. L’avvocato abruzzese passò sei anni nei bagni penali di Procida e Montesarchio, finché, nel dicembre del 1858, il sovrano gli commutò la pena in esilio. Ma mentre navigava verso l’America latina prese parte all’ammutinamento condotto dai tanti esiliati che erano a bordo. La nave fu così dirottata in Irlanda. Di lì gli esuli si trasferirono a Londra. Nella capitale Pica rimase due anni.  Rientrò a Napoli dopo l’arrivo di Garibaldi. Grazie ai suoi trascorsi liberali, poté riprendere l’attività forense. Poi, appena le circostanze glielo consentirono, tornò in politica per dare sfogo al suo astio. Nel 1861, appena furono indette le elezioni per il primo Parlamento italiano, si candidò nelle file del partito della destra storicavenendo eletto deputato nella circoscrizione dell’Aquila. Il sogno della vendetta era finalmente a portata di mano.

Italo Interesse


Pubblicato il 9 Ottobre 2020

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