Cultura e Spettacoli

Lepre italica, niente più nel Salento

Il declino della lepre in Europa, oltre che all’attività venatoria, all’inquinamento, alla modifica degli habitat e all’agricoltura intensiva, è dovuto anche alla comparsa dell’EBHS, una patologia virale tipica di questo roditore. Per combattere l’incipiente estinzione della specie si sta ricorrendo alla riproduzione in allevamento. Gli allevatori italiani  puntano, tra le quattro specie esistenti sul nostro territorio, sulla lepre italica o ‘lepus corsicanus’, particolarmente presente nel Mezzogiorno dalla costa tirrenica a quella adriatica. Sebbene in natura la lepre si manifesti animale poligamo, in allevamento per motivi pratici si preferisce la coppia fissa. La capacità riproduttiva in cattività  è pari alla metà che in natura (dieci, dodici anni) ma considerando la velocità con cui questo animale raggiunge la maturità sessuale (intorno ai sei mesi) e la bassissima moria tra i cuccioli, la convenienza economica ad allevare lepri è lampante. La richiesta di lepre è alta. La cucina la sta riscoprendo ;  ambientalisti e cacciatori se ne servono per scopi diversi. Dopo il cinghiale, il daino, il cerbiatto e il cervo, sta diventando la lepre (restando ai mammiferi) l’ultima frontiera dell’allevatore orientato sul ‘selvatico’. Per dare un’idea di come ci si muove in proposito, prendiamo ad esempio l’unica azienda pugliese del settore. Collocata nel Salento, essa dispone di oltre 360 coppie riproduttrici, con una  produzione che si attesta intorno ai quattromila capi all’anno. L’azienda vende animali ‘ambientati pronta caccia’, ‘leprotti ambientati’ e lepri di gabbia di qualunque età. I primi sono destinati a quelle riserve di caccia dove, previo pagamento di un ticket, i devoti al culto di Diana possono esaltarsi fuori dei limiti stagionali. I ‘leprotti ambientati’, invece, fanno la gioia degli ambientalisti prestandosi bene a ripopolare habitat. Le lepri in gabbia, infine, soddisfano le esigenze dei buongustai. C’è pure chi ne compra qualcuna nell’idea di addomesticarla ; nessuno vi riesce, però, la lepre è altra cosa che il coniglio. E infine la pelliccia. La lepre rappresenta una risorsa anche da questo punto di vista. Per quanto sia solo la lepre artica l’unica a regalare una pelliccia pregiata, il manto della lepre italica si presta – come nel caso di cani e gatti – ad essere spacciato da imprenditori truffaldini per quello di altre e più ricercate specie. E la lepre allo stato libero? In Puglia si ritiene ne esista non più di un centinaio di esemplari, divisi tra Murgia, Gargano e sub Appennino Dauno. Quasi del tutto assente nel leccese, dove una volta era frequentissima. Chiudiamo con una curiosità : Alcuni campioni museali raccolti nel Salento sono stati riesaminati recentemente e attribuiti alla lepre italica (Trocchi e Riga 2001), confermando la presenza della specie nel Pleistocene superiore; quindi, in un periodo in cui era presente l’uomo di Neanderthal.
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Pubblicato il 29 Giugno 2011

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