Letta in Puglia, ma solo per nascondere la “polvere” sotto il tappeto
La possibilità che l’ex sindaco Rinaldo Melucci, disarcionato lo scorso novembre da una parte della sua stessa maggioranza, a meno di cinque mesi dalla scadenza naturale dl mandato, possa riconquistare Taranto (seconda città pugliese per numero di abitanti, dopo Bari) ha acceso gli entusiasmi e galvanizzato i vertici nazionali del Partito democratico, tanto che a supportare Melucci nel capoluogo ionico nell’ultima settimana di campagna elettorale sono scesi contemporaneamente, insieme al segretario del partito Enrico Letta, anche Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, capogruppo del Pd rispettivamente al Senato ed alla Camera. Ma in Puglia tra i centri politicamente importanti chiamati domenica prossima ad eleggere il sindaco ed a rinnovare il consiglio comunale non c’è solo Taranto, poiché oltre all’altro capoluogo di provincia, Barletta, di Comuni pugliesi politicamente significativi che vanno al voto il 12 giugno prossimo ce ne sono almeno un’altra decina e tra questi i più rappresentativi sono sicuramente Molfetta e Bitonto in provincia di Bari e Martina Franca in provincia di Taranto. Realtà, queste, non di certo secondarie e, quindi, non trascurabili sia sotto l’aspetto politico che elettorale. Però, il segretario del Pd, Letta, anziché venire in Puglia prima della composizione delle coalizioni e la scelta dei candidati sindaci del centrosinistra per farsi portatore del messaggio che nel suo partito “è il momento di far prevalere il ‘noi’ e non i tanti ‘io’!”, ha preferito presentarsi in fase di chiusura della campagna elettorale a lanciare tale messaggio. Ossia, quando i “giochi” sono stati fatti e la battaglia è in corso, avendo così lasciato di fatto che il suo partito a livello locale, nelle diverse realtà chiamate al voto, fosse gestito nelle scelte, sia per i nomi dei candidati di coalizione che per la composizione stessa della coalizione, dai tanti ‘io’, che in termini più espliciti varrebbe a dire forse “capetti” locali supportati da questo o quel personaggio politico pugliese di livello più alto e che poi hanno sostanzialmente determinato le turbolenze e le anomalie politiche di cui il Pd pugliese è stato protagonista anche per la tornata amministrativa in corso. Fatti, questi, sui quali il segretario Letta, intervistato ieri a Barletta nel corso della visita elettorale a sostegno della candidata a sindaco del Pd, Santa Scommegna, ha tentato però di minimizzare generalizzando ed affermando: “I partiti politici in quanto tali, soprattutto se sono grandi, sono luoghi nei quali si discute e quello che avviene in Puglia avviene in tutta Italia”. Infatti, il segretario Letta proseguendo ha aggiunto: “Sono reduce dal Friuli e dal Veneto e le posso assicurare che le discussioni ci sono dovunque, fa parte del nostro modo di intendere la politica”, in quanto “c’è un partito politico in cui si discute perchè è un partito democratico in cui sono i cittadini e gli iscritti che decidono e decideranno anche qui”. Per poi concludere: “Non siamo il partito del leader e io non sono il padrone del partito (ndr – il PD) come capita nei partiti di destra e di centro destra, dove il capo è il padrone, da noi il capo sono gli scritti, sono i cittadini, sono gli elettori”. Peccato, però, che il segretario nazionale del PD, Letta, con tali sue affermazioni abbia dimenticato che agli occhi del corpo elettorale, oltre che per definizione, un partito politico è tale solo se riesce ad avere una linea e, quindi, un progetto politico univoco e coerente da perseguire anche nelle alleanze periferiche. Diversamente – come è noto – si tratterebbe di un “confuso coacervo”, non solo di alleanze elettorali (come ebbe a definire tempo fa il coordinatore della segreteria del Pd di Letta, Marco Meloni, la coalizione barlettana che ora sostiene a Primo cittadino di Barletta la dem Scommegna), ma in tal caso di rappresentati politici che si ritrovano sotto un’unica sigla di partito solo per convenienze e progetti politici personali che nulla hanno a che vedere con un progetto di partito. Infatti, forse non a caso il segretario Letta in Puglia per questa tornata elettorale ha fatto tappa solo a Taranto e Barletta (dove – per altro – in quest’ultima realtà non ha forse potuto fare a meno di recarsi, trattandosi dell’altro capoluogo di provincia pugliese chiamato al voto), tralasciando invece almeno altre due realtà della provincia di Bari, come Molfetta e Bitonto, dove il Pd in entrambe ha candidati a sindaco che non vengono sostenuti da una coalizione rispondente al propagandato progetto politico lettiano di “campo largo”. Infatti, a Molfetta il PD, che pur faceva parte della maggioranza del sindaco uscente, Tommaso Minervini, si è sfilato dalla coalizione che sostiene la riconferma di quest’ultimo per sfidarlo con un proprio candidato sindaco, l’ex pm Pasquale Drago, sostenuto da una coalizione che comprende solo parte il centrosinistra civico, ma include il M5S; mente a Bitonto il candidato sindaco del Pd, Francesco Paolo Ricci, ha lasciato fuori dalla sua coalizione esponenti e forze che alle regionali del 2020 hanno addirittura sostenuto candidati al consiglio regionale del Pd. In definitiva, l’impressione è che il segretario Letta abbia fatto tappa in Puglia per la campagna elettorale ma solo per nascondere la “polvere” (di ipocrisia) sotto il tappetto e che nel suo partito pugliese è presente anche in queste amministrative in maniera fin troppo evidente, oltre che consistente. Allora l’auspicio per il segretario Letta dovrebbe forse essere che detta “polvere” non si riveli poi, come già accaduto sistematicamente in passato, anche esplosiva alle prossime elezioni politiche.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 8 Giugno 2022