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L’ex Stefano Brondi: “Bari il più grande spettacolo vissuto da calciatore”

Schiettezza, estro e classe, prima da giocatore e poi da uomo nel raccontare la verità sul calcio moderno e di ieri, da parte di Stefano Brondi, ex giocatore del Bari, a cavallo tra il 1986 e 1988. Ad oggi, ricopre il ruolo di tecnico dei Giovanissimi del Livorno Calcio, società che ringraziamo per la concessione dell’intervista. Brondi, cresciuto calcisticamente nella squadra della sua città, il Livorno, da professionista ha vestito diverse maglie. Ha iniziato il suo cammino con la Samp, giovanissimo e poi ha militato nelle fila del Bologna, Lucchese, R.M. Firenze, Perugia, Catanzaro, Bari ed Ancona tra i professionisti, salvo chiudere anticipatamente la carriera, nei campionati interregionali con la Lucchese e Pistoiese, a causa di un infortunio serio. Nella sua carriera ha realizzato 164 presenze e 17 reti in B, ai nostri microfoni Brondi ha raccontato nello specifico della sua esperienza in biancorosso e del segno lasciato dal compianto Enrico Catuzzi.

Innanzi tutto, raccontaci che tipo di giocatore sei stato e se eri più una punta o centrocampista.  

I primi anni di carriera ho giocato da seconda punta, poi i vari allenatori mi hanno arretrato di reparto. Ho avuto, a detta di chi mi ha visto giocare, dalla mia, la tecnica, mi piaceva arrivare dal fondo per crossare e disponevo di un buon tiro che mi ha consentito di segnare sia dalla distanza che su punizione. Nel mio caso, però, non è stata una fortuna essere cambiato continuamente di ruolo, perché non ho potuto perfezionarmi adeguatamente. Nel calcio odierno giocherei da esterno alto, nel 4-3-3 con la capacità anche di spaziare sulla fascia o da rifinitore”.

Il tuo esordio è avvenuto a 19 anni contro il Genoa con la maglia blucerchiata Con quella Samp, l’anno dopo hai conquistato una promozione, che ricordo conservi e svelaci anche qualche particolare sul tuo ex compagno, Gigi Del Neri, uno dei più tecnici più imitati a ‘Mai dire gol’.

Con la Samp sono arrivato che ero ragazzino, all’epoca ci si faceva un percorso diverso e trovarsi proiettato in prima squadra subito, ci si arrivava per meriti. Il mister che mi ha fatto esordire in B, il 10 maggio del 1981 è stato Enzo Riccomini, in quella Samp oltre a Luigi Del Neri, c’erano Giorgio Roselli che avrei ritrovato a Bari, davvero un grande professionista, il mio amico e compianto Giancarlo Galdiolo, il quale una grave malattia due anni fa ce lo ha portato via, Giovanni Sartori e tanti altri. L’anno dopo il tecnico Riccomini, 81/82, dopo che perdemmo due partite di fila, rispettivamente alla quarta e quinta giornata contro Sambenedettese e Lecce, venne esonerato ed arrivò Ulivieri che ci condusse alla promozione. Era una Samp stellare, l’inizio dell’era Mantovani, ma io non trovai molto spazio e fui ceduto al Bologna nell’affare che ai blucerchiati vide l’arrivo di Roberto Mancini”.

Nella tua carriera hai vestito anche le maglie del Bologna, Lucchese, Rondinella Firenze, Perugia e Catanzaro. Un flash su queste tue esperienze.

A Bologna trovai un ambiente molto chiuso ed arrogante e l’allora ds, Giacomo Bulgarelli, nonostante venissi dalla gavetta mi trattava come un ‘pischello’, ma per fortuna fui ceduto immediatamente alla Lucchese e poi alla Rondinella Firenze dove realizzai ben nove gol. Al Perugia è stata la mia rampa di lancio grazie ad uno straordinario mister quale, Aldo Agroppi, con il quale disputai 34 partite e 2 gol e sfiorando la promozione nella massima serie. Successivamente sono stato al Catanzaro, dove anche lì mi sono fatto apprezzare a livello professionale, anche se non c’è stato feeling con la piazza”.

Finalmente Bari: nel 1986 sei arrivato nel capoluogo barese ed hai vissuto due incredibili stagioni, condite da 59 presenze e sette gol, di cui uno in rovesciata contro il Pescara. Raccontaci dai tuoi gol e ciò che ti lega a Bari.

Faccio una doverosa premessa, Enrico Catuzzi dopo Nils Liedholm, è stato il maestro della zona, l’innovatore prima di Sacchi e tanti altri che sono arrivati a fare carriere illustri. Catuzzi, ha raccolto probabilmente meno di tutti, ma il suo calcio per chi l’ha vissuto ed ha avuto modo di averlo come tecnico, era poesia, un calcio totale ante-litteram che ha anticipato tutti ed ha lasciato traccia ai giocatori e a chi ha avuto la fortuna di vedere certe partite. Detto ciò, Bari è stato il più grande spettacolo vissuto da calciatore, anche non avendo più nulla manco i filmati che ha conservato mio fratello, mi è rimasto il cuore lì. Con tutti i compagni di squadra mi sono trovato benissimo, abbiamo sfiorato per due anni la promozione, specie nel secondo anno, negata da gravi torti arbitrali e forse ‘politici’ in occasione di un derby perso col Lecce, oltre a pagare dazio in altre partite casalinghe dove abbiamo raccolto meno. Aver giocato con campioni del calibro di Giovanni Loseto, capitan De Trizio, Carrera, Terracenere, Cowans, Bergossi, Lupo, Rideout, Carletto Perrone, con il mio amico Sasà Guastella ed aver fatto parte anche per il ritiro di Borgo Pace con altri campioni che giunsero come Di Gennaro nell’anno di mister Salvemini prima che venissi ceduto all’Ancona, mi ha riempito di orgoglio il cuore. Tuttavia, il mio esordio in biancorosso avvenne alla terza di campionato contro l’Arezzo, subentrai a dieci dalla fine a Bergossi. Alla sesta di campionato segnai il mio primo gol contro la Triestina, allo ‘Stadio della Vittoria’ nell’esultare vidi una curva gremita ed a festa, sensazioni irripetibili. Nella partita successiva, la settima di campionato, mi sono ripetuto su un cross di Cowans da fondo campo, in particolar modo su punizione, dopo che ha pescato la testa di Rideout mi arrivò una palla invitante e decisi di andare di rovesciata, un colpo che avevo nelle corde e che non lasciò scampo a Gatta, il portiere degli abruzzesi. Ricordo altre reti, come quella su punizione al Bologna, in una partita tiratissima. O di un’altra partita a Cremona, non dietro l’angolo, in cui anche se non segnai lo stadio era popolato da baresi. Il gol con il Padova? Carletto Perrone mi passò la palla in modo magistrale ed io calciai trovando lo specchio della porta, era uno dei tanti schemi provati con mister Catuzzi! La partita la perdemmo con una rocambolesca rimonta, ma era un grande Bari, ed il rimpianto è quello di non aver conquistato con quei miei compagni una promozione alla nostra portata”.

Da avversario dopo l’esperienza barese come è stato affrontare i tuoi ex compagni che l’anno dopo conquistarono con Salvemini la promozione?

Avendo girato tante squadre solitamente non provavo emozione, ma con il Bari ero bloccato quasi dall’ansia, la gara finì zero e zero ed io sfiorai il gol colpendo una traversa ed impegnando severamente il mio amico portiere, Mannini. Purtroppo ho lasciato Bari per un problema grave che mi ha condizionato in seguito ed ha fatto sì che terminassi la carriera a 29 anni, ma non lo sapeva nessuno e feci questa scelta dolorosa ma necessaria. Ero ancora sotto contratto con i biancorossi, ma l’Ancona mi offrì un anno di più di contratto e decisi di lasciare Bari, con tanto rammarico”.

Raccontaci del tuo percorso da allenatore e a chi ti ispiri.

Il mio punto di riferimento è sempre Catuzzi, ma mi ispiro anche ad Aldo Agroppi. Ho una mia filosofia e cerco di insegnare ai ragazzi come dominare la palla ed essere sicuri, con tutte le difficoltà annesse del calcio moderno. Più si sale ad alti livelli, e più si nota che si va avanti con sponsorizzazioni e sistemi che il sottoscritto non tollera. Quanto a me ho iniziato subito nel settore giovanile del Livorno per poi fare la cosiddetta gavetta in D per quasi 15 anni: ho vinto un campionato in Eccellenza con il Cecina ed un altro, con l’Armando Picchi attraverso i playoff li portai in C2, anche se il club ci rinunciò perché non aveva le possibilità economiche. Dopodiché mi sono allontanato dal mondo del calcio e preferisco viverlo a 360 gradi con i giovani. Non mi interessa fare il tecnico addetto alle relazioni, voglio vivere il campo e non mi prendo paura di denunciare le schifezze e ciò che sta distruggendo il calcio moderno. Ringrazio il Livorno Calcio per la possibilità che mi offre, sposo la loro linea e ci sarò anche il prossimo anno”.

Un augurio al tuo Bari che lunedì sera scenderà in campo per i playoff ed un saluto ai tuoi ex compagni di squadra ed alla tifoseria.

Auguro alla squadra di mister Vivarini il meglio. A prescindere dall’inizio difficoltoso con Cornacchini con il cambio tecnico ho visto una squadra coesa e compattarsi e sono sicuro daranno l’anima per arrivare a centrare il traguardo. Dietro c’è una società molto seria ed attrezzata. Saluto tutti i miei ex compagni di squadra di quel Bari ed un caloroso abbraccio virtuale alla piazza barese che merita palcoscenici migliori. Bari città di mare come la mia, tornerei sempre, forza Bari”.  

Marco Iusco

 

 

 

 


Pubblicato il 10 Luglio 2020

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