L’ex terrorista rosso Galmozzi, omicida del brigadiere pugliese Giuseppe Ciotta, minaccia Salvini su Facebook
Pensiamo cosa fosse successo se un ex esponente dei NAR si fosse permesso di minacciare pubblicamente un Ministro della Repubblica. Immaginiamo i titoli di giornale del day after: “Attacco alle istituzioni”, “Gli stragisti di destra minacciano la democrazia”; le pagine social dei diretti interessati oscurate, le retate in grande stile delle forze dell’ordine, la gara della magistratura nell’apertura dei fascicoli, i processi per direttissima, insomma un copione già visto durante i famigerati “Anni di piombo”: una pagina di lacrime e sangue della storia italiana evidentemente archiviata solo a destra. Di tanto in tanto, infatti, il braccio armato della sinistra torna a farsi sentire sulle pagine di cronaca dei quotidiani, ma non solo: il salto di qualità lo ha fatto l’ex terrorista rosso Enrico Galmozzi, fondatore di “Prima Linea”, pubblicando dal suo profilo Facebook un post minaccioso contro il Ministro dell’Interno. All’indomani del rinvenimento di un proiettile, intercettato dalla Polizia di Sesto Fiorentino, e indirizzato proprio a Matteo Salvini, il Sig. Galmozzi – rispondendo alla frase del Ministro “ I proiettili in busta non mi fermeranno” – scrive: “Giù la testa coglione, non fare il cinema che ti va di culo: una volta invece di spedirli li consegnavamo di persona”. Detto da uno che avrebbe dovuto scontare trent’anni in carcere invece è in libertà da ben 14 è grave ma evidentemente tollerabile visto il silenzio di tutti gli attori facenti capo a “Soccorso Rosso” che negli anni abbiamo imparato a conoscere, invece, per il rigore con cui si sono distinti nel condannare, a tutti i livelli, gli atti sovversivi della controparte. Ma non è tutto: Galmozzi più volte dal suo profilo social aveva indirizzato battute e insulti al Ministro Salvini e poi quella nostalgia per gli “Anni di piombo” nei quali non solo si è macchiato degli omicidi di Giuseppe Ciotta – brigadiere in servizio alla Questura di Torino- e di Enrico Padenovi – esponente del MSI – ma di cui non accenna ad alcun pentimento. In un post del 28 giugno si legge: “Invecchiando, col trascorrere del tempo uno si convince che le azioni esemplari sono controproducenti e comunque non risolutive. Poi legge un Tweet di Pillon e cambia idea>>. Anche qui il riferimento è al Senatore, esponente della Lega, Simone Pillon noto per le sue idee pro vita e a favore della famiglia tradizionale. Ma non è tutto: il passato visto come un capitolo glorioso della sua vita, quasi goliardico. Il 29 giugno scrive: “E niente, un’altra cosa volevo dire: lasciate perdere i commenti di quelli che vorrebbero Carola violentata: non serve a niente. Piuttosto, segnatevi i nomi che se gira il vento può sempre tornare utile…”. Insomma frasi inquietanti che denotato l’incapacità di capire la pericolosità di tali affermazioni e il male provocato a chi piange ancora quei morti. Potito Perrugini, originario di Bari e nipote del brigadiere Ciotta, già lo scorso febbraio, in un’intervista al giornale “la Verità”, aveva dichiarato di aver querelato Galmozzi visto che “il terrorista che uccise mio zio è libero e fa il bullo su Facebook”. Dopo questa ennesima minaccia del terrorista rosso alla democrazia ha affidato il suo sfogo alle pagine del “Mattino”: “Quanto sono forti le reti di protezione di questi terroristi tanto che i loro profili Facebook non vengono neanche sospesi? E i giudici di sorveglianza per l’esecuzione della pena? Dove sono? Cosa fanno?”…Domande che rischiano di rimanere, ancora una volta, senza risposta.
Maria Giovanna Depalma
Pubblicato il 12 Luglio 2019