Cultura e Spettacoli

L’incauto spagnolo morì di doppia tarantola

 La terapia del tarantismo era particolarmente complessa. Non si danzava, né si suonava a caso. La musica e l’addobbo degli spazi necessari ai tarantati erano in ragione del periodo e del punto del corpo colpito, nonché delle caratteristiche dello stesso aracnide (colori e livrea). Nella difficoltà di mettere in relazione tutte queste esigenze si può leggere – per chi ancora crede a certe cose – la difficoltà che i ‘malati’ incontravano a guarire (alcuni dovevano ballare per tutta la vita). E tutto questo per colpa della potenza del veleno della Lycosa Tarentula, un aracnide che tra l’altro, credevano gli antichi, il ballo l’aveva nel sangue. Nel suo ‘Magnes, sive de ars magnetica’ (1641) il gesuita ed umanista Athanasius Kircher  riporta un episodio avvenuto ad Andria – e riportato da Ernesto De Martino nel suo ‘La terra del rimorso’ – che avvalorerebbe questa tesi. Un esperimento fu preparato nel palazzo ducale di Andria alla presenza di testimoni degni di fede (Padri dello stesso ordine a cui apparteneva  Kircher) per mostrare “questo ammirabile prodigio della natura”. Una Lycosa fu catturata e avvicinata con un fuscello di paglia ad una ciotola colma d’acqua. Poi si chiamarono i suonatori. Inizialmente l’aracnide rimase insensibile al suono della chitarra, ma quando il suonatore “dette inizio ad una musica proporzionata al suo umore, la bestiola non soltanto faceva le viste di eseguire una danza saltellando sulle zampe e agitando il corpo, ma addirittura danzava sul serio, rispettava il tempo e se il suonatore cessava di suonare, anche la bestiola sospendeva il ballo”. Gli stessi Padri – riferisce ancora lo studioso tedesco – vennero a sapere che l’episodio di Andria era a Taranto fatto consueto. In quella città, infatti, i suonatori (retribuiti con regolare stipendio come pubblici funzionari per venire incontro ai poveri sollevandoli dalle spese) per accelerare la guarigione erano soliti informarsi dal malato sul tipo di tarantola responsabile. Raccolte le informazioni necessarie, si recavano in cerca di tarantole. Individuata la specie descritta dal paziente, provavano ogni genere di armonie. Quando vedevano l’aracnide rispondere al ritmo, ritenevano di aver trovato “il modulo esattamente proporzionato all’umore velenoso del tarantato e adattissimo alla cura, eseguendo la quale essi dicono che ne deriva un sicuro effetto terapeutico”. Ma nella città jonica c’era uno spagnolo che si faceva beffe di queste cose. Costui arrivò a farsi deliberatamente mordere da due tarante di colore e grandezze diverse. Mal gliene incolse perché divenne due volte tarantato, per di più nell’impossibilità di beneficiare di alcuna terapia musicale a ragione della dissonanza fra le due melodie da usare, ognuna delle quali era ostile all’altra taranta e per tale incompatibilità non produceva il ballo risanatore. Il povero spagnolo rese così l’anima a Dio dimostrando “quanto sia pericoloso esporsi senza le opportune cautele a così funesti esperimenti”.
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Pubblicato il 3 Settembre 2011

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