Cultura e Spettacoli

Lingua madre, c’è futuro?

Chi sabato scorso era all’Abeliano può dire d’aver assistito ad un evento : L’ultima volta in scena del glorioso Mario Mancini (almeno relativamente a uno spettacolo celebre come ‘Storie e patorie’). Dopo l’abbandono anche in ‘Jarche Vasce’, altra storica  produzione, procede gradualmente il dignitoso ritiro di questo gigante del teatro popolare barese. Il fatto stimola una serie di riflessioni. Sabato scorso sul palcoscenico dell’Abeliano il più giovane non aveva meno di quarant’anni. Chi tra quindici, vent’anni andrà a sostituire i Signorile, i Blasi, i Sarcina? Non si riesce a vedere una generazione di ricambio (che nessuno si è preoccupato di formare). Nel frattempo qualcuno ha cercato di valorizzare una leva autorale ? Privo di concorrenti, il compianto Vito Maurogiovanni resta l’unica figura di spicco. La tradizione barese è stata rivoltata come un calzino, la strada della commediola o della farsaccia (anche in formato tv) resta quella più battuta. L’avvenire è un popolo di interpreti senza  spessore e di autori capaci al più di furbe scopiazzature o di triviali ‘voltate’ vernacolari  dei soliti Shakespeare e De Filippo. Tanto, nel giro di qualche decennio, promette un tale annacquamento del gusto da segnare la fine del nostro teatro popolare. Fiorito improvvisamente nei primi anni settanta, il fenomeno del vernacolo in  palcoscenico ha vissuto una stagione tanto prestigiosa quanto breve. E’ dall’inizio degli anni novanta che, ripiegato su sé stesso, il teatro popolare barese rotola per inerzia. Esaurita la spinta iniziale, quando andrà ad arenarsi? La sensazione di un non lontano stop è acuita per paradosso proprio dal vistoso rigoglio in cui vive l’elemento base del teatro popolare : la lingua madre.  In scena si ha cura di mettere in mostra termini desueti, si fa sfoggio di pronuncia, di espressioni e proverbi seppelliti dal tempo. Un po’, insomma, si fa accademia, mentre per strada, nelle case, sul posto di lavoro si parla una lingua nuova, un dialetto imbarbarito, annacquato da un italiano già di suo imbastardito. E’ l’ultimo colpo di coda di un mondo che muore. Esaurite le generazioni del dopoguerra, le più sensibili alla purezza delle origini, l’attenzione della platea di domani si sposterà verso temi diversi, affatto inclini alla poesia e al senso della storia, vicini invece a un quotidiano ruvido e rabbioso. Nel migliore dei casi sopravvivrà la commedia sbracata messa in scena in un ibrido slang italo-barese. Nel peggiore, sarà solo sceneggiata ‘alla barese’ (e si continuerà da eterni provinciali ad andare  a rimorchio dell’antica capitale) . E’ il caso di rassegnarsi? Da più parti si auspica l’avvento nelle scuole elementari dell’insegnante di lingua madre. Tremiamo all’idea di un’orda di cialtroni tracotanti, pronti a esibire ‘titoli’ per sgomitare all’interno di una qualche graduatoria.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 16 Ottobre 2013

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio