L’ira degli infermieri precari tagliati fuori dalla “Legge Madia”
Sono giorni e giorni, dopo anni di attesa, che su giornali e tv locali si parla di stabilizzazione dei lavoratori precari del settore sanità, in Puglia. Ora, quindi, si tratta finalmente di adottare e deliberare il provvedimento di stabilizzazione dei precari, appunto, e non già una semplice ricognizione degli aventi diritto, poiché si danno false aspettative ai precari. Lavoratori precari che da oltre dieci anni, come detto, attendono una stabilizzazione stabilita peraltro dalla legge. Tuttavia bisogna applicarla, atteso che, ad esempio, la Asl di Foggia, contrariamente alla Asl di Bari, ha provveduto a deliberare e stabilizzare gli aventi diritto. E cioè precari storici, di cui alla legge Madia, per cui siamo al punto che circa 1300 precari esultano per la stabilizzazione, ma altri 2mila infermieri pugliesi protestano. Chiedono alla Regione Puglia di non essere abbandonati al proprio destino e di poter ricevere uguale trattamento dei loro colleghi più fortunati. Mediamente sono ragazzi di 30 anni, laureati, che sono rimasti fuori dai processi di stabilizzazione avviati dalle Asl, in quanto non hanno maturato i titoli previsti dalla suddetta legge Madia. Una vera, atroce beffa: alcuni non ce l’hanno fatta per pochi giorni o poche settimane, la norma — infatti – prevede che i dipendenti debbano aver lavorato almeno tre anni dal 2012 al 31 dicembre 2017 in aziende del servizio sanitario pubblico nazionale, anche in altre Regioni e non in via continuativa. Sono molti i giovani infermieri che non riescono a raggiungere i trentasei mesi per poche settimane, per cui adesso chiedono al direttore generale Asl/Ba, di incontrarli e ascoltare le loro ragioni. «Siamo le generazioni più giovani — si legge nel testo inviato al dipartimento regionale delle Politiche della Salute e al presidente Michele Emiliano – e negli ospedali a tempo indeterminato servirebbero 5000 addetti ma solo per 1300 circa operatori e quindi nuove assunzioni». Quasi tutti sono stati impiegati nel corso degli ultimi 5 o 6 anni con contratti brevissimi, persino di un mese o due magari nella stagione estiva, per coprire i loro colleghi in ferie. «Siamo i tappabuchi — scrivono ancora – quelli che coprono ferie, festività, intere unità lavorative, lavorando in condizioni poco ottimali, ricoprendo anche ruoli che non ci competono, ma andiamo sempre e comunque avanti, facendoci in quattro per garantire la salute dell’utenza e per difendere il posto di lavoro seppur temporaneo». Le maglie della legge Madia sono molto strette e poco potrà fare la Regione, ma loro chiedono di intraprendere altre vie: quella dei concorsi, ad esempio, espletati ma le cui liste sono ancora bloccate perché nuove assunzioni la Puglia non potrà farle sino a quando non inizierà ad ottenere risparmi sulla mobilità passiva. Complessivamente i lavoratori del comparto sanitario che, entro la fine dell’anno, otterranno un contratto a tempo indeterminato sono 1.355. Circa 300 unità in meno rispetto a calcolo iniziale di 1.680 che era stato sulla scorta della dotazione organica ospedaliera del 2015 che fu presentata al tavolo ministeriale. Oltre agli 897 infermieri, la categoria più presente, negli elenchi delle stabilizzazioni delle Asl ci sono 100 medici e 130 dirigenti, oltre a biologi, tecnici di laboratorio o di radiologia, dietisti, logopedisti e ostetriche. Ergo negli ospedali pugliesi mancano all’appello almeno 5mila lavoratori, servirebbero — quindi — anche nuove assunzioni. Quelle, cioè, che invocano i giovani infermieri precari con poche speranze di superare il fosso della precarietà nel settore della sanità pugliese, in eterna crisi…
Antonio De Luigi
Pubblicato il 10 Maggio 2018