Cultura e Spettacoli

Lira, metro e chilo, numeri e caos

Prima del 1861 la penisola italiana era frammentata in sette e ben distinte realtà amministrative, ciascuna delle quali aveva un proprio sistema di misure, frutto della diversa evoluzione storica e commerciale dei singoli territori (facile immaginare quali danni potesse ricavarne il commercio). Fra i tanti problemi che l’Unificazione sollevò ci fu la necessità di armonizzare differenti sistemi attraverso l’adozione di un modello  comune. Pur complessa e al prezzo di gravi disagi, in parte leniti dal ricorso ad apposite ‘tavole di ragguaglio’, l’operazione andò in porto. Tuttavia l’introduzione di lira, chilo e metro non cancellò del tutto il passato. Potrà anche meravigliare, ma solo dopo il 31 dicembre 2009 hanno perso rilevanza giuridica le antiche unità di misura vigenti nel Regno di Piemonte e Sardegna, nel Lombardo-Veneto, nel Ducato di Parma, nel Ducato di Modena, nel Granducato di Toscana, nello Stato della Chiesa e nel Regno delle Due Sicilie. Ciò obbligava le Camere di Commercio fino a pochi anni fa a registrare insieme agli ‘usi’ quelle unità di misura a cui si faceva riferimento consuetudinario per taluni contratti o negozi giuridici. Per essere giuridicamente valido però, il riferimento a queste misure doveva essere convenzionale, nel senso che le parti erano in dovere di attribuire il medesimo valore all’unità di misura adottata; in caso di dubbio sulla precisa consistenza del valore metrico si faceva riferimento alle relazioni storiche peritali, in genere basate sull’esperienza professionale o sulle registrazioni camerali. La conoscenza delle misure di riferimento locale tornava preziosa quando c’era da estrapolare dati metrici da contratti o da atti redatti prima dell’abolizione di quelle misure, come avvenne negli anni trenta con la liquidazione degli usi civici e nel dopoguerra con la riforma del Catasto. Vediamo qualcosa relativamente alla misura dei terreni agricoli. Nella provincia di Bari erano in uso l’aratro (3149 mq), la vigna (4374 mq) e il vignale (7392 mq). A Barletta e dintorni  adottavano invece  la vite (1,71 mq), l’ordine (68,58 mq), il vignale (4118 mq) e la versura (12345 mq) ; quest’ultima misura era in uso anche a Foggia e con lo stesso valore. Altrove si ricorreva al tomolo, che a Brindisi corrispondeva a 8516,44 mq, a Taranto a 6813 mq  e a Lecce a 6298 mq. Al tomolo, poi, corrispondevano due quartulli, a un quartullo quattro stoppelli… Ci siamo fermati alla misurazione dei terreni agricoli. E il peso, il volume di merci e cose in genere? Chissà quanti errori in tempi in cui i calcoli si facevano a mano. Chissà quanti imbrogli a danno degli sprovveduti.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 1 Settembre 2015

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