Cronaca

Listino estremamente variabile per l’olio d’oliva

I listini nazionali dell’olio extra vergine d’oliva continuano ad essere caratterizzati da estrema variabilità,sia sul mercato interno che su quello internazionale. Infatti, mentre nei primi 11 mesi dell’anno che sta per terminare si è registrato un aumento medio del 27% sui mercati all’ingrosso rispetto a quelli praticati nel 2020, con l’inizio della campagna olearia in corso si è verificata una contrazione nei prezzi, dovuta alla stima di produzione di olio di circa il 15% in più rispetto alla scorsa annata, quando il tetto produttivo si attestò intorno alle 250mila tonnellate. Quella in corso, invece, dovrebbe chiudersi a circa 315 mila tonnellate. Dati, questi, che emergono dal report Tendenze di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), che fa un’analisi a tutto tondo su un prodotto, l’olio extra vergine d’oliva per l’appunto, che negli ultimi 10 anni (e non soltanto!) è stato caratterizzato da oscillazioni di prezzo sui mercati alquanto ampie. Ma vediamo qual è la situazione nella nostra regione. Dati alla mano, il nord della Puglia dopo aver toccato punte di 4,8 euro/kg agli inizi del 2020, a fine novembre i prezzi dell’evo oscillavano tra i 3,90 euro/kg e i 4,20 euro/kg, per toccare ad inizio dicembre i 3,90 euro/kg. In Calabria, invece, le vendite all’ingrosso si effettuano tra i 3,9 euro/kg e i 4,1 euro/kg, mentre in Sicilia i prezzi restano tra i 5 e i 6 euro/kg, tenendo conto che il prodotto isolano è tra i primi ad arrivare sui mercati visti i tempi di raccolta anticipati rispetto a molte altre aree della Penisola. Altro dato riportato dal rapporto dell’Ismea è che nei primi 11 mesi si è verificato l’8,5% in meno di acquisti di extra vergine dagli scaffali della Gdo (Grande distribuzione organizzata), pari a meno 12,4% in valore, tornando ai livelli di vendita dello stesso periodo, però, del 2019. Un segnale di normalità, secondo Ismea, dettato dalla riapertura della ristorazione che ha favorito la riduzione alla corsa agli acquisti, che si era registrata nel 2020, primo anno del Covid. Quanto all’export nei primi 9 mesi del 2021 è calata del 6% in volume, come è calato anche l’import di olio del 10%. Le vendite anche dell’olio stanno scontando le problematiche legate alla logistica e al lievitare dei prezzi dei container. A ciò si aggiunge anche l’aumento dei costi legati all’energia, alle difficolta nel reperimento del vetro e ad altri fattori produttivi. Nonostante questo l’indice Ismea relativo al clima di fiducia dell’industria olearia continua ad essere positivo, in linea con quello dell’agroalimentare, per il fatto che le disponibilità saranno ancora abbondanti grazie alla buona combinazione delle scorte e della nuova produzione. La situazione produttiva interna all’Italia, per aree geografiche – sempre secondo informazioni Ismea – è molto eterogenea e, pur con differenze importanti anche tra zone contigue, dalle indicazioni disponibili emergerebbe un incremento produttivo al Sud, tale da indurre il segno positivo sull’intera produzione nazionale. A trainare la ripresa è la Puglia, con un +38% rispetto allo scorso anno. Però, gli analisti del settore hanno sottolineato che “nonostante fosse attesa una stagione di ‘carica, la crescita è risultata nettamente inferiore sia alle aspettative che alle potenzialità”. Infatti, secondo il report di settore dell’Ismea, “molti sono stati i fattori climatici che hanno contribuito alla perdita di produzione, le gelate primaverili, la siccità estiva e la frequente alternanza di caldo e freddo che non hanno favorito l’ottimale sviluppo vegetativo degli oliveti”. Gli esperti hanno spiegato anche che “le alte temperature estive e l’assenza prolungata di precipitazioni hanno ulteriormente aggravato la situazione in tutti gli areali italiani, soprattutto in quelli non provvisti di impianti irrigui”. A livello mondiale, le prime stime produttive di olio d’oliva attestano i volumi della campagna 2021/22 su 3,1 milioni di tonnellate, sintesi – sostengono alcuni organismi di settore (Ismea ed Unaprol) – della flessione della produzione comunitaria (-3%), determinata dalla riduzione attesa in Spagna (-7%) e Grecia (-14%), e della contestuale crescita fuori dai confini della Ue, trainata dalla Tunisia (+71%), oltre che dalla Turchia (+9%) e dal Marocco (+25%). Insomma, nel comparto olivicolo ed oleario nazionale quando non sono le calamità naturali ad affossarne la redditività, ci sono ormai i super incrementi di produzione extra comunitarie di olio d’oliva che inesorabilmente determinano le oscillazioni al ribasso, a seguito delle “allegre” importazioni di olio da parte dell’Italia. E ciò sia per i prezzi del prodotto nazionale che per quello degli altri Paesi comunitari, produttori anch’essi di olio d’oliva, quali la Spagna, la Grecia ed il Portogallo. Ma per tale problema le cause, ma anche i discorsi sono sempre gli stessi.

Giuseppe Palella


Pubblicato il 18 Dicembre 2021

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