Cultura e Spettacoli

Lo scoglio della malva

Pianta preziosa per le proprietà antinfiammatorie ed emollienti dei principi attivi di cui è ricca, la malva selvatica appaga anche la vista per il lilla meraviglioso dei suoi fiori. Cresce con generosità e quando attecchisce può occupare in modo fitto superfici anche estese. Poiché resiste bene alla salsedine, prende sia in riva al mare che su scogli e isolotti. Nell’area mediterranea la malva popola molte di queste superfici rocciose. Il caso più noto è quello dell’affioramento che emerge dalle acque di Porto Cesareo a un centinaio di metri da Torre Chianca. Esteso un ettaro, esso è stato insignito del titolo di ‘isola’. In verità l’Isola  Della Malva (che sarebbe un gran bel titolo per un romanzo) è come l’isola-che-non-c’è. Si tratta in realtà di un esteso scoglio pianeggiante. Peraltro la stessa malva vi latita : poche ‘macchie’ qua e là. Ma in passato era diverso. Prima della guerra su quella superficie, allora assolutamente livellata, la malva, libera di svilupparsi, era presenza uniforme (il solo immaginarne il colpo d’occhio mette i brividi). Oggi invece la stessa superficie appare segnata da piccoli crateri, quasi a bersagliarla in tempi remoti sia stata una pioggia di meteoriti singolarmente concentrata. Ognuno di quei crateri è un segno di guerra. Nel corso del secondo conflitto mondiale, dopo l’8 settembre, presso l’aeroporto di Leverano (una pista di fortuna allestita dalla Regia Aeronautica) era di stanza una squadriglia di Junkers 87, più noti come Stukas. I piloti della Luftwaffe si tenevano in esercizio usando come bersaglio l’Isola di Malva, che individuavano con facilità per come quella macchia lilla squillava tra il verde azzurro del mare. Uno come Antoine de Saint-Excupéry, l’aviatore-letterato che scrisse Il Piccolo Principe, sarebbe passato e ripassato sulla verticale di quello scoglio scaricando solo baci. Al contrario i piloti tedeschi scaricavano bombe, ancorché finte. Si trattava infatti di copie in cemento delle stesse dimensioni e dello stesso peso degli ordigni che gli Stukas potevano trasportare. Chi abbia vaghezza di vedere come fossero i finti proiettili può immergersi in quei fondali : ne individuerà di ancora intatti. Non ne troverà molti, tuttavia, dal momento che quei tiri erano di rara precisione, sicché le finte bombe, sganciate con la ‘spettacolare’ tecnica del bombardamento in picchiata, si frantumavano quasi tutte al suolo. Avessero i tedeschi usato bombe vere – e quei loro infernali velivoli potevano imbarcare anche proiettili da 500 kg. – adesso non staremmo a parlare di ‘isole’, di scogli o di affioramenti rocciosi . E tanto meno di malva.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 18 Giugno 2021

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