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Lo SMI a tutela della guardia medica e del 118

E’ stato presentato un manifesto di proposte per tutelare gli operatori sanitari, da sempre vittime di aggressioni e di minacce, ma soprattutto vittime di un precariato che non risparmia proprio nessuno. Tra le proposte vi è quella per la sicurezza dei luoghi di lavoro e degli operatori sanitari, “molto spesso la sede della guardia medica si trova in ambienti isolati e troppe volte è capitato che ci siano state aggressioni da parte di tossicodipendenti e malati psichiatrici” ha spiegato Anna Lampugnani, Segretaria Regionale SMI (Sindacato Medici Italiani) della Puglia, che ha continuato “è necessaria una campagna di educazione per il cittadino. Coloro che entrano in un luogo di lavoro devono avere rispetto della legge 626 sulla sicurezza sul lavoro e del decreto 81/08. Il nostro è un mestiere prevalentemente notturno e a svolgerlo sono principalmente donne, molto spesso vittime di violenze. Non godiamo di alcuni dei diritti fondamentali di cui godono i lavoratori, non abbiamo ferie né il periodo di maternità e proprio in virtù di questo chiediamo maggiore impegno alla politica e alla sanità, al fine di migliorare la nostra critica situazione lavorativa”. Gli operatori sanitari, se disgraziatamente si ammalano, vedono il proprio stipendio ridotto, per non parlare poi delle gravidanze non tutelate. Anche gli operatori del 118 non se la passano di certo meglio, come confermato dalle parole di Roberta Ladisa, esponente dello SMI e medico Seus “purtroppo più volte siamo stati vittime di aggressioni, specialmente da parte di parenti ed amici della persona soccorsa, che ci accusano di arrivare in ritardo. Il nostro tempo d’azione è di 8 minuti, però molto spesso le nostre unità sono impegnate altrove. E’ indispensabile un’educazione del cittadino, poiché il 70% delle volte si tratta di codici bianchi o verdi. Persone che non hanno reale bisogno d’aiuto e che, in tal modo, occupano un servizio importante, vitale per coloro che combattono tra la vita e la morte. Il nostro compito è stato molto importante a livello regionale – ha proseguito Roberta Ladisa – infatti siamo riusciti a ridurre del 50% la mortalità per infarto e del 30% la mortalità per arresto cardiaco extraospedaliero”. Si tratta di dati regionali che fanno tirare un sospiro di sollievo, ma c’è ancora tanto da fare. Sono tanti i punti trattati dal manifesto programmatico, punti che, in generale, possono essere riuniti in una dimensione di difesa della dignità della professione medica. Il progetto, partito nel Lazio, non riguarda solo i medici, ma anche i cittadini. Per partecipare alla raccolta firme è possibile collegarsi al sito www.sindacatomedicitaliani.it e seguire le indicazioni relative alla sottoscrizione del manifesto. Giuseppina Onotri, Responsabile nazionale del servizio di Continuità Assistenziale dello SMI, ha riportato alcuni dati statistici, che fanno decisamente pensare, “sul territorio nazionale vi sono 14 mila operatori sanitari, distribuiti uniformemente, il 50% di questi sono precari e il 57% di questi sono donne, a livello regionale, invece, il precariato è nettamente inferiore, solo il 20% degli operatori sanitari sono precari. Si tratta di dati che potrebbero essere notevolmente ridotti, investendo sulla formazione e lottando contro la precarietà. Basterebbero 0,75 centesimi di euro all’anno per ogni residente, per stabilizzare la situazione” Il Sindacato dei Medici Italiani, nato nel tentativo di dare ai medici una voce unitaria, che sia in grado di interpretare il disagio che attraversa questa categoria, intende trasformare questo malessere in capacità propositiva, tutelando la loro dignità. Ogni cittadino ha il diritto di essere continuamente assistito 24 ore su 24, ma al momento gli investimenti sono scarsi e le realtà in cui gli operatori medici sono costretti ad operare sono problematiche. Ci sono medici che lavorano una vita intera in una perenne instabilità lavorativa, con uno stipendio misero e senza che venga loro riconosciuto lo status di lavoro usurante notturno, nonostante essi lavorino almeno 96 notti all’anno. E’ indispensabile riaffermare la “missione” del prendersi cura dei pazienti, ma lo è anche quella di difendere il valore etico di una professione, che necessita di essere tutelata dalla politica e dalla sanità.
Nicole Cascione
 
 
 
 
 


Pubblicato il 18 Giugno 2011

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