Cultura e Spettacoli

Lo ‘zocco’ compagno del cavamonti

Alcuni tratti scogliosi della costa che da Bari scende sino a Monopoli presentano un’anomalia : tagli verticali di una regolarità impensabile per Madre Natura. Lì ancora negli anni cinquanta erano attive piccole cave di tufo. Ma perché cavare questo calcare poroso proprio in riva al mare con tutti gli inconvenienti del vento e delle burrasche quando il nostro entroterra è ancora più ricco di giacimenti di questo tipo? Perché in questo modo si veniva ad abbattere una delle spese principali : la messa a nudo del banco di roccia. Tale lavoro preventivo comportava l’eliminazione della vegetazione e del terreno superficiale (che dopo era venduto ai proprietari dei terreni ‘poveri’, cioè caratterizzati dalla presenza di estese zone di roccia affiorante). Messo a nudo il banco roccioso, prima se ne asportava il ‘cappellaccio’, lo strato superficiale, quindi all’interno di esso i ‘cavamonti’ aprivano per mezzo dello zocco, un particolare tipo di piccone, solchi lunghi e sottili, profondiuna trentina di centimetri. Successivamente, a intervalli regolari e con l’impiego della mannara (strumento simile allo zocco ma più grande), all’interno dello stesso solco venivano praticate le ‘finte’, incisioni più larghe al cui interno si inserivano pali di ferro o cunei. Facendo leva su questi era possibile ottenere il distacco dei blocchi desiderati. Benché rudimentale, la tecnica consentiva tagli pressoché ‘chirurgici’, il che ha conferito a tutte le cave abbandonate, da quelle minuscole in riva al mare a quelle anche faraoniche dell’entroterra, un aspetto sempre singolare, reso suggestivo dalla reazione caparbia della natura che sa sempre riprendersi i suoi spazi adattandosi al segno traumatico impresso dall’uomo.Si pensi a le ‘Tagghjate’, le antiche miniere di tufo scavate nel fianco della collina di Belvedere alle porte di San Giorgio Ionico, a tredici chilometri da Taranto. Il sito consiste in una articolata successione di ‘stanze’ collegate da stretti corridoi all’interno delle quali si levano blocchi torreggianti e risparmiati dal lavoro di estrazione perché troppo ricchi di fossili e quindi non utilizzabili per la costruzione (tali colonne sono sormontate da vertiginosi giardini pensili di origine naturale). Aggirarsi in questo piccolo labirinto è esperienza indimenticabile, anche per effetto delle tinte pastello impresse alle pareti della cava dal gioco cangiante della luce solare. Si progetta di fare delle Tagghjate un polo attrattivo per attività culturali e ricreative. Fino allo scorso anno nel periodo pasquale il sito ospitava la rappresentazione vivente della Passione di Cristo. Questa Pasqua è andata, si sa. Speriamo la prossima.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 2 Aprile 2020

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