Locandine di sala, non solo amarcord
In passato quella della claque fu arte. Distribuiti ‘strategicamente’ tra loggione, palchi e platea, les claqueurs avevano il compito di sollecitare il pubblico all’applauso nei momenti più delicati, momenti che venivano pianificati in precedenza ; tale pianificazione talvolta aveva luogo sentito il parere del capocomico (Gassman era esigentissimo in tal senso). Della claque facevano parte anche le donne ; le dames de claque erano incaricate, ai passi convenuti, di mettere mano al fazzoletto e, con discrezione, fare mostra della propria commozione. Uomini e donne erano al comando dello chef de claque. Era lui, che con grande senso del tempo (e conoscenza del testo), dava il ‘la’ alla claque, dietro cui veniva tutto il pubblico. Il più famoso chef de claque barese fu Michele Montrone (1908-1995). A quest’uomo appassionato Bari è doppiamente grata. Michele Montrone, infatti, fu anche un collezionista di locandine di sala. Fra il 1924 e il 1934 raccolse 165 ‘pezzi’ relativi all’attività dei ben undici teatri allora esistenti a Bari. Parte di tale patrimonio, che per sollecitudine di Luciano Montrone, figlio di Michele, è stato riconosciuto dal Ministero dei Beni Artistici come bene d’interesse culturale, è stato in esposizione nel foyer del Petruzzelli dal 5 al 10 aprile. ‘Locandine teatrali di un tempo che fu’, che sino all’ultimo giorno ha incontrato l’attenzione e il consenso dei baresi (complessivamente un migliaio), si inseriva nell’ambito delle celebrazioni per il secondo centenario del borgo murattiano. Circa una settantina le locandine in mostra; quasi 50 quelle relative al Politeama ; tutte le altre ineriscono ai tanti teatri della Bari perduta (Fenice, Garibaldi, Modernissimo, Sociale, Umberto…). Un successo reso possibile grazie anche al prezioso contributo video grafico di Katia Colosimo. Venendo alle locandine in sé, che hanno per oggetto cinema, teatro, varietà, opera e operetta, al di là dell’inevitabile magone che sollecitano, esse intrigano anche per il fatto di porsi come esempi di tecnica comunicativa (“ore 21 precise”, “grandioso successo”, “eccezionale avvenimento artistico”, “2 spettacoli 2”… “prettamente per famiglie”, “prezzi popolarissimi”, “il teatro è arieggiato da potenti ventilatori elettrici”.). Non mancano i dettagli spassosi. Uno sponsor? “Sala da barba di Felice Neri”. E che buffa la grandeur con cui si annunciano impresari e capocomici, tutti Comm., Uff. e Cav. E poi la naturalezza con cui si annunciano opere anche in otto atti, questi cast chilometrici… Tutte cose impensabili per lo spettacolo di oggi, così stringato e all’insegna del risparmio. ‘Locandine teatrali di un tempo che fu’ non è solo lacrimoso amarcord. E’ piuttosto riflessione indiretta e amarissima sull’attuale impoverimento dell’arte scenica, oggi incapace di riempire una platea di trecento posti, e sull’inettitudine di un ‘sistema’ pensato per restituire slancio al culto dello spettacolo e di fatto responsabile del suo affossamento.
Italo Interesse
Pubblicato il 12 Aprile 2013