Cultura e Spettacoli

L’organo sfrattò il dipinto, ma poi…

Costruita da Bezaleel, un artigiano della tribù di Giuda, nei primi mesi dopo l’uscita degli Ebrei dall’Egitto, l’Arca dell’Allenza peregrinò a lungo prima di trovare posto nel più esclusivo ambiente del Tempio di Gerusalemme. Il tema dell’ultimo trasporto dell’Arca prima della sua definitiva collocazione ha ispirato diversi pittori (celebre un olio su tavola del Tintoretto). Fra i tanti che si sono misurati con questo soggetto va ricordato un autore pugliese. Nato il 18 maggio 1726 a Lecce (dove si spense nel 1800), Oronzo Tiso è stato un esponente del tardo barocco della pittura napoletana. La sua storia rappresenta un’eccezione nel panorama della pittura del Settecento. Formatosi nel collegio dei Gesuiti a Lecce, nel 1746 Tiso si trasferì a Napoli per completare gli studi. Nella capitale, dove studiò diritto civile e canonico, la sua notevole inclinazione all’arte della pittura non passò inosservata. Valorizzato da maestri come Francesco De Mura e Francesco Solimena, il Nostro avrebbe potuto inserirsi tra i pittori al servizio della corte borbonica o cercare nelle grandi città d’Italia e d’Europa commissioni adeguate al proprio talento. Ma tale condotta, già propria di generazioni di pittori (e musicisti, scultori…) i quali, fioriti in provincia e valorizzati a Napoli, avevano fatto della capitale il trampolino di lancio per affermarsi oltre i confini del Mezzogiorno, ripugnava al Tiso, che un prepotente richiamo legava alla Terra Madre. Nel 1752 Tiso fece ritorno a Lecce, dove diventò sacerdote, in un primo momento ricoprendo un ruolo fondamentale nella gestione delle attività del Capitolo della Cattedrale. In un secondo momento, l’amore per la pittura riprese il sopravvento e Tiso, coerente con l’abito che indossava, si consacrò al soggetto religioso. Ebbe così inizio una prolifica produzione di cui resta traccia nelle chiese di Lecce, Casarano, Uggiano, Lizzanello, Maglie ed altri centri della Terra d’Otranto. Al di là delle Puglie lasciò il segno in luoghi di culto a Rionero in Vulture, Acerenza e Policoro, Tornando al ‘Trasporto dell’arca santa’, il dipinto (vedi immagine) orna un sovrapporta dell’abside della chiesa di Sant’Irene a Lecce. In origine (1758) la magnifica tela ornava il coro dei Teatini nel Duomo di Lecce, Ma nel 1846 al suo posto venne collocato un monumentale organo a canne. Abbandonata in un umido ripostiglio, l’opera sarebbe andata perduta senza l’intervento di un sensibile prelato. Dopo il restauro effettuato per incarico del Ministero dei Beni Culturali dal Prof. Secondo Grandi dell’Accademia di Belle Arti di Modena, il dipinto trovò posto, come detto, nella Chiesa di Sant’Irene a Lecce. Una curiosità : Tiso dipinse lo stesso soggetto anche nella chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Presicce.

 

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 18 Maggio 2021

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