Cronaca

L’ospedale in Fiera è partito, ma sprechi e cantonate restano

Ospedale-Covid di Bari, finalmente è partito, ma il disco verde che s’è acceso tra letti e macchinari disseminati nei padiglioni affittati dalla Fiera per curare i malati da Coronavirus non quietano del tutto polemiche e risentimenti a causa di ritardi, improvvisazioni e sperperi vari. No, proprio non si può far finta di non vedere. <<Il momento di forte criticità con la recrudescenza del virus e il conseguente impatto sui servizi sanitari – scrivono in una nota il responsabile sanità di Fratelli d’Italia, Marcello Gemmato con Raffaele Fitto e i consiglieri del gruppo regionale Caroli, De Leonardis, Gabellone, Perrini, Ventola e Zullo – ci ha indotti a restare in silenzio sull’ospedale della Fiera del Levante, per rispetto a chi sta soffrendo in salute e sul piano economico. E per rispetto verso chi sta profondendo sforzi enormi per poter assistere e contrastare il virus. Ma, a fronte di dichiarazioni esilaranti del cerchio magico di Emiliano, tendenti a giustificare l’ingiustificabile, non vorremmo che il silenzio sia interpretato come accondiscendenza>>. Insomma, per Fratelli d’Italia l’ospedale nato da poco per curare chi soffre per colpa del virus, resta un <<colossale monumento all’improvvisazione>>. E basta porsi qualche domanda, senza nemmeno stare ad approfondire ritardi e sprechi nel reperimento del personale e affitti, per giungere alle stesse conclusioni. Allora, cominciamo: se quattordici posti letto di terapia intensiva, tanti quanti programmati in Fiera, fossero stati distribuiti nel numero di un posto letto per presidio ospedaliero già funzionante, avremmo avuto quei posti letto già funzionanti da mesi? E se quei restanti centoquaranta posti letto di terapia semi-intensiva Covid previsti in Fiera li avessimo allocati in numero di tre-quattro per presidio ospedaliero già funzionante avremmo avuto la disponibilità di posti letto attivi da mesi rinforzando ciascun presidio con qualche unità di personale in più? E ancora: se questo fosse stato fatto da maggio 2020, epoca in cui il Ministero ha stabilito questi standard di aumento di posti letto, avremmo evitato di stare oggi in piena recrudescenza epidemica a discutere di personale, di carenze di anestesisti ed infermieri, di confronti sindacali, di simulazione per il trasferimento di un paziente dal policlinico, di trasferimento di interi reparti con pazienti e con équipe di personale dal Policlinico alla Fiera investendo tempo prezioso e in forza lavoro distratta all’emergenza, di necessità di chiedere a tutte le aziende sanitarie della Puglia di fornire personale di per sé carente nelle stesse asl? Insomma, si può pensare di costruire un ospedale in quarantacinque giorni, spendendo circa venti milioni di euro senza aver pensato al personale per stare oggi in piena recrudescenza dell’epidemia a preoccuparsene? E non sarebbe stato più utile investire quei milioni di euro pubblici nel potenziamento dei tamponi e delle pratiche di ‘contact tracing’, nel fare tamponi antigenici a tappeto e nell’assistenza domiciliare? Se quella montagna di quattrini fosse stata investita nella telemedicina, nel telemonitoraggio dei parametri vitali dell’organismo nei soggetti positivi in isolamento domiciliare, nella ventilazione non invasiva a domicilio avremmo ridotto l’ospedalizzazione e assistito molto meglio, assicurando un supporto necessario ai medici di famiglia. E chissà, potevamo essere in zona gialla o addirittura bianca, con enormi benefici per i pugliesi e non solo.

Francesco De Martino


Pubblicato il 18 Marzo 2021

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