L’ottimismo di governo: “restituiremo un’identità alle Province”
Sfoltire gli enti pubblici inutili, o restituire loro competenze e nuove e più larghe autonomie, magari cominciando da quella impositiva? E’ il dilemma che puntualmente cala all’inizio delle discussioni quando sale in cattedra un nuovo governo, ma senza lasciare tracce visibili, nel tempo. Ieri è stata la volta del neo-ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie, Roberto Calderoli, a margine di un incontro con i rappresentanti degli enti provinciali dell’Unione delle province italiane (Upi). “Ho avuto un incontro positivo con l’Upi, un incontro in cui abbiamo riscontrato una totale convergenza sulla restituzione dell’identità alle Province, che si può realizzare soltanto attraverso un’elezione diretta del presidente della Provincia e del Consiglio provinciale. È idea condivisa sia dal ministro che dall’Upi che alla luce di questo obiettivo si debba procedere ad un aggiornamento delle funzioni delle Province stesse e dei relativi finanziamenti. Ho poi riscontrato -a ha chiarito ancora Calderoli – un atteggiamento positivo da parte delle Province sull’autonomia differenziata, rispettosa dell’unitarietà giuridica ed economica del Paese, con la previsione che le ulteriori competenze, fra cui quelle amministrative acquisite attraverso l’autonomia differenziata, possano a loro volta essere devolute a Comuni, Città Metropolitane e Province”. In effetti i servizi che non possono più essere svolti da enti troppo indeboliti come le Province, in caso di emorragia cronica e stabile potrebbero essere devoluti (come già avvenuto per alcuni importanti servizi una volta in capo alle province) alle regioni, magari perchè come la manutenzione delle strade metterebbero a rischio gli automobilisti o le scuole non sicure. Insomma, le province che dovevano essere spazzate via dal referendum costituzionale sono rimaste in piedi, ma senza soldi. E adesso lanciano l’allarme, come dice e ripete spesso proprio il presidente dell’Upi Il patrimonio pubblico che gestiscono, circa 150mila chilometri di strade e tutte le 5.100 scuole superiori italiane, si sta deteriorando in maniera pericolosa e intanto le entrate si sono vistosamente ridotte ed è diventato impossibile fare investimenti e programmazione. Insomma, garantite dalla Costituzione, ma con braccia e gambe anchilosate, le province di tutt’Italia stentano tra mille problemi e sacrifici. Eppure è proprio la Carta Costituzionale a sancire l’esistenza delle province: assicurando la titolarità di funzioni amministrative e l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Nel 2014 la legge Delrio le ha smantellate, trasformandole in enti di secondo livello. Doveva essere un passaggio intermedio in vista della definitiva cancellazione, che però non è mai arrivata. Per concludere: restano a loro le funzioni di pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché la tutela e la valorizzazione dell’ambiente. E ancora, la pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, la costruzione e la gestione delle strade provinciali. Ma anche la programmazione provinciale della rete scolastica e la gestione dell’edilizia scolastica. E così si tira avanti molte a vista, aspettando il fiume dei fondi pubblici rivenienti dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Sperando che anche questo non sia un altro fiume…a secco.
Antonio De Luigi
Pubblicato il 4 Novembre 2022