Luci e ombre del Piano Comunale delle Coste
Tutela dell’ambiente e in particolare delle coste in Puglia, c’è un altro punto fermo al tavolo del confronto tra istituzioni e società civile. Lunedì 19 aprile, difatti, è scaduto il termine per la presentazione delle osservazioni all’adottato PCC (Piano Comunale delle Coste) da parte della Giunta Comunale di Mola di Bari. E così le associazioni maggiormente impegnate sul fronte della tutela ambientale hanno colto la palla al balzo per contribuire alla realizzazione d’uno strumento definito ‘vitale’ per la tutela ambientale e crescita civile del nostro territorio. Come? Presentando nei giorni scorsi le osservazioni al suddetto piano, come ha fatto l’Associazione “Chiudiamo la discarica Martucci” di Vito Farella. Inutile ripetere che la pianificazione dell’area costiera, attraverso lo strumento del Piano costiero è, in quanto programmazione per il futuro sviluppo ed uso, uno snodo decisivo per garantire sviluppo anche economico e risanamento di un notevole degrado consumatosi nel tempo, per permettere una più larga e libera fruizione del demanio marittimo e del mare territoriale, assicurando una reale e ampia accessibilità. Oltre ad essere conforme alle linee guida, agli indirizzi e criteri forniti dal Piano Regionale delle Coste e dal Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, deve integrarsi con tutta la strumentazione urbanistica vigente di ogni livello, secondo norma, ma soprattutto raccordarsi con la progettualità programmatoria urbanistica in progress di livello locale. Insomma, insistono gli attivisti uniti contro la discarica di Conversano, la pianificazione costiera affidata ai Comuni esige una gestione integrata non solo con tutta la strumentazione urbanistica vigente e in divenire locale, con le disposizioni nazionali e regionali, ma anche in raccordo e comunità d’intenti con i Comuni costieri confinanti (Bari e Polignano) e, magari, in ottica sinergica, anche con quelli dell’immediato entroterra. Insomma, il problema non è più quello di cercare usi ottimali delle aree ancora libere, ma piuttosto quello di innescare un processo di “recupero e risanamento complessivo”, al fine di ottenere un accettabile risultato per cui servirebbe un coordinamento fra tutti gli strumenti urbanistici, in armonia con le indicazioni del PRC e degli strumenti di pianificazione sovraordinata, attuando tra le altre cose una ricognizione dell’esistente sul demanio e nell’immediato territorio retrostante. Si può ben comprendere che per fare tutto questo occorre più tempo e un respiro maggiore nel coinvolgimento di altre enti, comitati e associazioni sul territorio, puntando in maniera decisa all’incremento delle aree demaniali, magari agendo con proposte da avanzare agli Enti competenti per un’eventuale revisione della dividente demaniale o attraverso acquisizioni al pubblico di aree private (e non soltanto per quelle situazioni paradossali e scandalose di muri e proprietà private che finiscono direttamente in mare, a volte di origine abusiva), a causa di una significativa e diffusa privatizzazione della costa. Il presidente Farella sa bene che la costa molese rientra completamente nella categoria B (a normale valenza turistica), onde bisognerebbe porre particolare attenzione nelle concessioni per Stabilimenti Balneari (SB) e Spiagge Libere con Servizi (SLS) per evitare che le porzioni migliori siano di esclusivo appannaggio per tali concessioni. Ergo, in regime di transitorietà (sic!) fino al 31.12.2033 per la revisione/revoca delle concessioni esistenti non si deve indugiare ad avviare procedimenti di sospensione o di revoca (anche parziale) immediati per quelle concessioni che ricadono in aree interessate da divieti assoluti di concedibilità (aree vincolate e sfoci di lame). Ma non basta. Il numero limitato di parcheggi pubblici, la sosta selvaggia, spesso all’interno del demanio marittimo, anche a diretto contatto con scogliere e perfino a ridosso della battigia o parcheggi non regolamentati lungo la viabilità di accesso al mare, richiedono interventi riparatori nel breve periodo e con assoluta priorità. Senza contare che sarebbe finalmente ora di aprire gli occhi e porre fine alla chiusura e privatizzazione selvaggia delle strade d’accesso al mare lungo tutta la costa pugliese, da Poligano a mare e Cozze fino agli stupendi lidi del Salento. E allora, che fine faranno gli interventi di recupero e risanamento costiero? Si deve procedere alla localizzazione delle aree demaniali marittime per le quali occorre prevedere interventi di recupero e risanamento costiero, per ristabilire la rinaturalizzazione della fascia costiera.
Francesco De Martino
Pubblicato il 22 Aprile 2021