Cultura e Spettacoli

Luci nel lager : Albertina e Giovanni

La realtà supera la fantasia, si dice. Il detto ci è tornato alla memoria dopo la lettura di ‘Luci nel Lager : Albertina e Giovanni’. Non stiamo parlando dell’ultimo Premio Strega o di un inedito di Alberto Bevilacqua, bensì dell’appendice di ‘Il massacro della Divisione Acqui’, un libro di Vitoronzo Pastore, edito due settimane fa da Suma Editore. Senza l’interesse appassionato dello studioso di Casamassima, quella di Albertina e Giovanni sarebbe rimasta un storia diligentemente trascritta su un quaderno e destinata al silenzio. E chissà quanti altri inestimabili manoscritti di reduci delle due guerre dormono ancora in un cassetto, ove non abbiano alimentato stufe. Pastore ha salvato dall’oblio un vicenda umana che, malgrado i suoi settant’anni di distanza, si presenta attualissima in giorni di guerra spietata, di colonne di profughi, di campi di raccolta e fughe disperate. Militare italiano internato dai Tedeschi all’indomani dell’8 settembre,  Giovanni si ritrova, al termine del solito allucinante viaggio, in un lager nelle vicinanze di Danzica. Nella primavera del ’44 viene trasferito in un campo di lavoro dove conosce Albertina, un’altra italiana prigioniera. Nella ‘notte’ del lager si accende la luce dell’amore. A fine marzo ’45 gli innamorati scappano dall’inferno prima che sia troppo tardi. Ennesima odissea, questa volta a due, e arrivo al Brennero l’8 giugno dello stesso anno. Un mese e mezzo dopo Albertina e Giovanni si sposano. Scritta in prima persona da Giovanni, la storia prende subito per il modo asciutto e diretto con cui, senza falsi pudori, solleva sudari su cose grevi. Con la stessa immediatezza ‘Luci nel lager’ racconta personaggi da incubo e privazioni, la quotidianità dell’ansia e un senso irriducibile della speranza. Giovanni non è un professionista della scrittura, ma forse è proprio questo dire senza pretese a fare centro. E poi, a stemperare il peso di lutti e miserie morali oltre che materiali, c’è questa ironia gustosa, quest’attenzione che non ti aspetti verso il buffo delle cose, aspetto del quotidiano onnipresente anche nelle peggiori congiunture. Se pure al morto si ride, non fanno meraviglia questi spiragli tragicomici che Giovanni schiude in mezzo a bombe, morti, fucilazioni e fame, malattia, sporcizia. Un esempio : “…Mi ricorderò sempre quell’unica volta che convinsi Albertina a provare l’ebbrezza del furto. Durante il giorno avevo avvistato vicino a un cimitero una bella distesa di cipolle. Di notte io e Albertina ci recammo sul posto… ma fummo disturbati da rumori sospetti… Allora  decisi di entrare nel cimitero per nasconderci… Abbandonammo il sacchettino di cipolle dietro una lapide nell’attesa di poterlo recuperare più tardi…. attendemmo del tempo e poi decidemmo di uscire. Ritornammo alla lapide… il nostro bottino era sparito… Ritornammo al campo senza cipolle e con il cuore in gola”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 21 Settembre 2013

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