L’ultimo discorso di Pitagora
Paolo Panaro torna su ‘La zia d’America’ e seduce ancora ; fino ad avantieri lo spettacolo – riduzione di un racconto di Leonardo Sciascia tratto dalla raccolta ‘Gli zii di Sicilia’ – è stato in cartellone alla Vallisa per la XV edizione de Le direzioni del racconto, rassegna che s’inserisce nella stagione Teatro Studio 2022. Questa volta Panaro adotta una linea diversa : Narra sì, ma sussurrando, quasi che altri non debbano udire. Sembra non si rivolga a una platea bensì ad ogni spettatore e per metterlo a parte di un fatto personale. Per cui, gli viene naturale questo dire sommesso e intimo, famigliare e prudente, segreto ed allusivo, praticamente… da ‘cosa nostra’ (e sì che siamo nella Sicilia della guerra e del dopoguerra). La differente modulazione induce l’adozione di posture e gestualità ‘da focolare’. Panaro si appropria dei tempi e dei manierismi tipici di chi proprio non vorrebbe, non dovrebbe raccontare (e invece…), tra le righe compiacendosi del ruolo di confidente. Più che odore di Sicilia, qui spira profumo di Mezzogiorno. Panaro, insomma, confeziona un’altra prova maiuscola e strappa applausi. E ancora lui in questi giorni monopolizza la Vallisa con ‘Decameron’ ; lo spettacolo andrà in scena sino a sabato prossimo. Poi, a cominciare da mercoledì 2 febbraio, novità in cartellone. C’è molta attesa per il ritorno di Virginio Gazzolo. Già reduce dal successo di ‘Ulisseide’ dello scorso novembre, l’interprete romano si appresta a rimettere piede nell’Auditorium Diocesano con un’altra produzione Diaghilev : ‘L’ultimo discorso di Pitagora’. Il nuovo lavoro reca un sottotitolo che anticipa qualcosa : ‘Come lo riferirono le sue discepole matematiche e il poeta Ovidio’…. E’ noto che nell’ultimo libro delle ‘Metamorfosi’ Pitagora è il protagonista di un discorso-lezione di 418 versi. Il matematico e filosofo di Samo apre con un appassionato invito a non cibarsi di carne ma dei soli prodotti della terra, quindi parla dell’immortalità dell’anima e della metempsicosi, infine anticipa Lavoisier affermando che le cose non possono nascere o morire essendo destinate a continua mutazione. Nel lavoro di Gazzolo si va oltre il discorso di Ovidio, nel quale discorso viene ignorata la grande apertura del filosofo, il quale, al contrario del pensiero misogino del mondo greco-romano e coerentemente con l’idea che “l’anima è senza corpo, sicché senza sesso”, aprì alle donne la sua scuola di Crotone. Giamblico in ‘Vita di Pitagora’ e Filocoro di Atene in ‘Rassegna di eroine e donne pitagoriche’ menzionano numerose discepole pitagoriche : Timycha, Philtis, Chilonis, Cratesiclea, Tyrsenis, Cleachma … A queste donne qui si dà voce. Gazzolo definisce una ‘favola’ il suo racconto, essendo l’epopea di Pitagora più vicina al mito che alla storia documentata. Una favola in qualche modo a lieto fine, nonostante la morte drammatica di Pitagora, come – fra differenze – riportano da più fonti. Diciamo ‘in qualche modo’ poiché ne L’ultimo discorso di Pitagora l’anima del saggio al termine di una migrazione durata cinquecento anni ritrova carne in Ovidio e “continua a parlarci ancora oggi con ogni voce che abita il suono della saggia pietà”. – Nell’immagine, ‘Pitagora elogia il vegetarianismo’, olio su tela di Peter Paul Rubens (1618-20).
Italo Interesse
Pubblicato il 25 Gennaio 2022