L’uomo dal gelo in bocca
Un giorno, rileggendo ‘L’uomo dal fiore in bocca’, Sandro Lombardi si lascia accarezzare dal sospetto che il pacifico avventore non esista, salvo che nella fantasia dell’uomo dal fiore in bocca, il quale a questo punto dialogherebbe con sé stesso. Rapito da questa intuizione, il teatrante toscano adatta il testo di Pirandello a sé e al proprio compagno di scena (Roberto Latini) e lo allestisce in termini quantomeno singolari. Quanta curiosità al Kismet in questi giorni per questa messinscena, cui in verità il pubblico non ha lesinato gli applausi. Che dire? Il mondo è bello perché è diverso. Con tutta la buona volontà e la stima per Lombardi non riusciamo a condividere tanta benevola accoglienza. Nell’ansia di aggiungere qualcosa al già tanto detto a proposito di questo ormai abusato atto unico di Pirandello, Lombardi spazza via l’ambientazione originale (il caffè di una stazione nella notte) e localizza l’azione in una sorta di limbo. All’interno di una specie di pagoda ottagonale che richiama anche l’idea di una gabbia, in un’atmosfera assolutamente straniata che musiche cupe esaltano avviene l’incontro (o il finto incontro) tra l’Uomo e l’Avventore. Non pago, Lombardi fa dei due personaggi altrettante figure ambigue ed evanescenti, fuorvianti nei caratteri clowneschi. Come due attori che si presentino brilli alla prova generale, Sandro Lombardi e Roberto Latini Brilli si rincorrono, si cercano, si sfidano. Tra botti gratuiti, inspiegabili lampi al magnesio e inopportuni intermezzi coreutici, l’esemplare testo appare spaesato, quasi un intruso. Allo stesso modo in cui al cinema un attore che debba essere doppiato pronuncia numeri piuttosto che battute, qui non esiste corrispondenza tra parola ed azione, nel senso che l’una appare estranea all’altra. In definitiva, un’operazione arzigogolata, algida, dal sapore elitario. Inutile. Lombardi e Latini sono bravi ma ciò non basta. Continua intanto la stagione di prosa del Piccinni. Oggi, in decentramento al Petruzzelli, la prima de ‘Il malato immaginario’ con Gabriele Lavia nel ruolo di regista e di interprete. Dopo la felice esperienza con ‘L’avaro’, Lavia torna su Molière, ancora con un allestimento di Teatro Stabile dell’Umbria. Lo spettacolo resterà in cartellone sino a domenica pomeriggio. Domani alle 17,00 recita speciale a prezzi ridotti per gli studenti. Meno male, almeno vedremo un teatro pieno. Ci pare che ‘I ragazzi in prima fila’ sia la trovata più felice all’interno di un cartellone che nonostante un programma di qualità stenta a regalare agli attori la gioia di una platea gremita. Vorremmo vedere ragazzi a teatro (non necessariamente in prima fila) tutti i giorni.
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Pubblicato il 25 Marzo 2011