Cultura e Spettacoli

Lupi e ‘simil-lupi’

Nel primo Novecento, almeno limitatamente al Sub Appennino Dauno e all’altopiano murgiano, i lupi costituivano una presenza abituale. In seguito l’antropizzazione selvaggia e il persistere culturale di dannosi luoghi comuni decimò quei branchi, sì che agli inizi degli anni settanta si andò vicino alla scomparsa della specie. Per fortuna più in là l’entrata in vigore di severe norme  protettive, il progressivo abbandono delle campagne, il ripopolamento faunistico avvenuto con la reintroduzione del cinghiale e l’istituzione di aree protette (vedi il Parco dell’Alta Murgia) produsse anche da noi il ritorno del predatore per eccellenza. Un ritorno subito contrastato dagli allevatori e dai bracconieri col ricorso al fucile o a tagliole e bocconi avvelenati. Negli ultimi tempi, però, un nemico più subdolo si è messo a minacciare questi branchi comunque striminziti. Un nemico che non t’aspetti : il cane. Il fenomeno del randagismo sta dando vita a branchi di cani inselvatichiti che hanno invaso l’habitat del lupo (oltre a danneggiare il patrimonio ovino ben più di quanto possano gli stessi lupi). Nella loro vita raminga lupi e randagi finiscono con l’incontrarsi. Inevitabile in questi casi l’ibridazione. Un’ibridazione che, facilitata dalla forte affinità genetica fra le due specie, si rivela doppiamente dannosa. Primo perché produce ibridi così somiglianti al lupo (chiamiamoli : ‘simil-lupi’) da addebitare a quest’ultimo qualunque ‘malefatta’ che non sia sua (il che, tra l’altro, porta a ritenere ovunque sovrastimato il numero dei lupi). E poi l’enorme sproporzione fra randagi e lupi mette seriamente a repentaglio l’integrità genetica (quindi anche conservazionistica) di quest’ultimi. Poiché tale fenomeno vede più facilmente la femmina del lupo accoppiarsi col maschio del cane invece del contrario, la conseguenza è che cuccioli ‘ibridi’, allevati in natura dalla madre, possono senza difficoltà integrarsi all’interno della popolazione selvatica e riprodursi. Questa sorta di ‘contaminazione’ avendo luogo all’interno di branchi ‘puri’ aumenta il rischio di un imbastardimento irreversibile della specie. Se già tale pericolo è elevato in areali come il Parco d’Abruzzo, roccaforte italiana del lupo appenninico, figurarsi in Puglia. Avrà attuazione pure da noi il progetto Life Ibriwolf che la provincia di Grosseto ha messo in pratica? Il progetto prevede che ogni esemplare ibrido catturato venga rimosso definitivamente dall’ambiente selvatico e mantenuto in permanenza all’interno di recinti ‘idonei’. Conservare l’integrità genetica del lupo e contrastare il più radicalmente possibile il randagismo è l’unica strada per la migliore coesistenza anche in Puglia del lupo con l’uomo. O si dovrebbe dire il contrario?…

Italo Interesse


Pubblicato il 13 Maggio 2014

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