Lysistrata : ragioni ed esagerazioni
Nel gennaio di tre anni fa la compagnia Astragali faceva tappa al Traetta per presentare ‘Lysistrata’, una riscrittura teatrale da Aristofane ad opera di Benedetta Gadaleta e Fabio Tolledi, per la regia di quest’ultimo. Nella circostanza ci era stato impossibile non segnalare, insieme a giustificati consensi, le altrettanto giustificate perplessità sollevate in platea dalla messinscena. Troppe le espressioni di gusto forte ed ostentate più di quanto il già scollacciato testo aristofaneo preveda. Lo stesso limite lo abbiamo riscontrato venerdì scorso al Nuovo Abeliano. Con la differenza che a causa della diversa cifra architettonica delle due strutture, ciò che il fasto del Traetta addolciva, l’essenzialità del teatro di via Padre Kolbe ha messo a nudo e senza sconti. Certo, quando parliamo di Lysistrata, che ricordiamo avere per oggetto ‘lo sciopero del talamo’ proclamato dalle donne ateniesi per mettere fine alla guerra nel Peloponneso, il sesso è in primo piano, ma a parte la scena in cui l’araldo si presenta da Cinesia col fallo eretto, il resto è non più che un profluvio di doppi sensi e allusioni erotiche. Tolledi e Gadaleta vanno oltre, col contorno di un linguaggio greve ed esplicito, funzionale ad una denuncia del maschilismo guerrafondaio ben più aspra di quella pensata dall’Autore. L’impeto fa slittare la ragione nel torto. Sicché la posizione sostenuta nel testo originale da Lysistrata e compagne e che trae forza dall’idea tutta greca che l’astuzia può sovvertire qualunque rapporto di forze, qui scade nell’idea tutta contemporanea ed occidentale per quale ci vuol poco a gabbare un genere (quello maschile) che, fessacchiotto e non rieducabile, ben si presta ad essere lasciato al potere per consentire al suo nemico storico (la donna) l’esercizio dello stesso potere in veste di eminenza grigia. Questa radicalizzazione ci ha riportato alla memoria una canzone rimasta tristemente celebre per lo scoperto sentire antisindacale che Celentano e la Mori cantarono con destrorsa impudenza in quel di Sanremo nel ‘70 : Chi non lavora non fa l’amore… Nel testo di quella hit, che tra l’altro fruttò all’infelice sodalizio la vittoria al Festival, si racconta di una moglie che si nega ad un marito ostinato nel rivendicare attraverso uno sciopero ad oltranza diritti legittimi… Alleggerendo questa ‘Lysistrata’ della fregola di fustigare, stupire (e fare scandalo) Tolledi e Gadaleta avrebbero raccolto certamente di più dai non pochi spunti intelligenti dei quali è ricco il lavoro. Notevole il livello interpretativo. – Prossimo appuntamento all’Abeliano : ‘Va’ dove ti porta il piede’, un lavoro di e con Laura Kibel che si distingue per il fatto che qui si dà carne ed ossa a burattini ricavati dalle mani, dai piedi e della gambe della stessa interprete. Stasera l’ultima replica.
Italo Interesse
Pubblicato il 11 Febbraio 2014