Cultura e Spettacoli

Ma Caronte non stava al fresco? …

Prepariamoci, da oggi si comincia a fare sul serio col caldo : è arrivato Caronte, l’anticlone  che promette dai 30° ai 40° a seconda delle località. Caronte… Il richiamo all’inferno è esplicito, per quanto il mitico traghettatore navigasse sull’Acheronte, fiume che la tradizione vuole sotterraneo. E lì sotto fa fresco. Ma non è questo il punto. Chi ha battezzato ‘Caronte’ questa zona di alta pressione? E perché dal momento che da sempre esistono due soli anticicloni : quello delle Azzore e quello Nordafricano? Perché l’ansia di catturare l’attenzione del destinatario della notizia pungola gli addetti all’informazione a enfatizzare i fatti, rovistando fra aggettivi e neologismi, oppure concedendosi libertà destinate a non incontrare ostacoli, stante la passività del ‘consumatore’ di cui prima. ‘Caronte’, per esempio. Con gusto più becero, e per retaggio maschilista, gli statunitensi fino agli anni settanta davano agli uragani solo nomi femminili (adesso quelli maschili li affibbiano esclusivamente agli uragani di minore portata…). Ad ogni buon conto battezzare queste devastanti perturbazioni ha un senso. Serve a favorire la comunicazione a proposito di fenomeni che per la loro natura estrema, imprevedibile e per fortuna brevemente circoscritta,  ovvero tutto il contrario degli anticicloni, rappresentano un calamità per le aree molto antropizzate. In passato, nell’Occidente cristiano, si usava battezzare a posteriori questi eventi rovinosi e col nome del Santo intervenuto a smorzarne gli effetti. Qui in Puglia La Madonna dell’Uragano è un titolo attribuito alla Vergine in alcuni piccoli centri del brindisino e del Salento. Ogni Madonna dell’Uragano viene festeggiata. La festa più famosa è quella che si tiene ogni 17 agosto a Carovigno. La storia narra, che il 17 agosto del 1841, una tempesta, formatasi tre chilometri a sud-ovest del paese, si dirigeva verso Carovigno : “ Querce di secoli, alberi il cui tronco era della circonferenza di ben sedici palmi, non poterono sostenere l’impeto ruinoso” (dal Giornale del Regno della Due Sicilie). Da sempre fedeli alla loro Protettrice, Maria Santissima di Belvedere, i carovignesi corsero nella Chiesa Matrice e prelevarono la statua (insieme ad altre sacre effigi). In processione uscirono da Porta Brindisi e si fermarono in una ‘chiusa’ tra alberi secolari d’ulivo, dove, su un largo affioramento roccioso  appoggiarono la statua della vergine. I fedeli iniziarono a pregare fino a quando l’Uragano, dopo aver distrutto intere campagne, “volsesi verso San Vito ed andò a sciogliersi in grandine sulle selvagge terre di Serranova” (una non lontana borgata). La ‘chianca’  dove venne appoggiata la Madonna, è ancora visibile in Via Giosuè Carducci.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Giugno 2017

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio