Cultura e Spettacoli

Ma quale grano, bombe ‘sporche’ invece

 

Stando ad un sito, la Kenmar, una nave da carico statunitense andata a fondo nel 1945 e che ora giace a 17 m. di profondità a 4,4 miglia a sud est del promontorio di Testa del Gargano, trasportava grano. Niente vero, dice Gianni Lannes, nel suo ‘Bombe… a mare’, un libro edito da Nexus lo scorso anno. Giornalista e fotografo indipendente (ha lavorato per Rai e La7, L’Espresso, Panorama e il Venerdì di Repubblica), Lannes si è spesso occupato di armi e rifiuti pericolosi. A sentire lui, nelle stive di quella grossa nave (il relitto misura 130 m.) giacerebbe ancora un carico di bombe non convenzionali, cioè di quelle armi di cui si occupa la Convenzione di Ginevra (1925) relativamente al divieto d’impiego in guerra di gas asfissianti, tossici o simili e di mezzi batteriologici. Bombe all’iprite?… Il caso Kenmar non è l’unico considerato da Lannes, il quale allarga l’indagine a tutti i mari italiani giungendo all’inquietante conclusione che essi, specie nel dopoguerra, sono stati adoperati come pattumiera per bombe inesplose e per bombe ‘sporche’. Stando così le cose, la Kenmar non sarebbe colata a picco a causa di mine, siluri. granate, collisioni o tempeste, bensì per autoaffondamento. A sostegno della sua tesi Lannes precisa che nel 1947 una società di Barletta specializzata nell’allora fiorente mercato del recupero relitti si fece avanti per riportare a galla la Kenmar e demolirla. L’Autorità competente però negò il permesso… Come spiegare, continua Lannes, che nei comuni affacciati sull’Adriatico da Vieste a Barletta si registrino tanti casi di cancro e altre inspiegabili patologie? E’ molto probabile che il carico di morte della Kenmar sia da tempo in via di degrado, nel senso che la salsedine avrebbe corroso l’involucro metallico degli ordigni liberandone il rovinoso contenuto. Ma il problema è anche più vasto. In fondo ai mari italiani, specie quelli che contornano il Mezzogiorno, giacciono navi e container colmi di rifiuti tossici e di altri veleni. Per non dire delle armi di nuova generazione. Quando durante la guerra del Kosovo gli aerei Nato prendevano il volo dalle basi pugliesi per andare a bombardare quella martoriata regione dei Balcani, caricavano bombe ad alta penetrazione, ovvero ordigni trattati con uranio impoverito. Quando non era possibile raggiungere l’obiettivo, durante il viaggio di ritorno i piloti, per non correre rischi durante l’atterraggio scaricavano quegli ordigni nel basso Adriatico. E adesso a poche miglia dalle coste di casa nostra altre sostanze cancerogene dormono in attesa che la salsedine apra una via di fuga. Poi si (s)parla di Puglia e mare pulito.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Marzo 2019

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