“Ma quanto conta Decaro senza Emiliano?”
Non c’è dubbio che il governatore pugliese, Michele Emiliano (Pd), è intenzionato ad andare fino in fondo nell’assalto al premier dimissionario Matteo Renzi, che però è anche segretario del partito, per cui la disarcionatura da Palazzo Chigi dovuta alla clamorosa sconfitta al referendum costituzionale della scorsa domenica evidentemente non basta a chi, come il presidente della Regione Puglia, ha ancora diversi conti in sospeso con il “fiorentino” di Rignano sull’Arno. Infatti, a parte tutte le questioni di natura politico-governative (e sono molte!) su cui Emiliano si è più volte scontrato in passato con il premier Renzi, il governatore pugliese ne ha sicuramente una di natura personale che altri avversari interni del segretario nazionale del Pd forse non hanno ed è quella di quando, nell’ottobre del 2011, Emiliano da sindaco di Bari mancò l’elezione a presidente dell’Anci (l’Associazione nazionale dei Comuni italiani) a causa di uno sgambetto fattogli proprio da Renzi, che allora, da Primo cittadino di Firenze, non si limitò a dare il proprio sostegno al sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, ma si adoperò in modo determinante, tra gli amministratori comunali del Pd delegati all’Assemblea dell’Anci a Brindisi, per l’elezione alla presidenza del Primo cittadino della bassa Emilia-Romagna. E se fosse stato solo questo il colpo inferto da Renzi ad Emiliano la cosa ci poteva pure stare, in quanto è normale, oltre che legittimo, in politica sostenere a denti stretti un fedelissimo per farlo vincere. Invece il premier dimissionario non si è accontentato di aver sbarrato nel 2011 la strada ad Emiliano per la guida dell’Anci e 5 anni dopo ha colto l’occasione per sferrargli un affondo ancor più pesante, quando qualche mese fa si è adoperato per portare al vertice nazionale dell’Anci il sindaco di Bari, Antonio Decaro, che di Emiliano è stato il successore, nel 2014, a Palazzo di Città e che – a detta di molti – in Puglia, e nel capoluogo in particolare, è sempre stato considerato un’invenzione politica di un ex assessore regionale alla Sanità al tempo del primo mandato di Vendola, e poi senatore (Alberto Tedesco), oltre che – come è noto – protesi politica del governatore pugliese, al tempo in cui quest’ultimo era sindaco del capoluogo. Infatti, secondo indiscrezioni romane, sarebbe stato proprio Renzi che da segretario-premier del Pd si è adoperato personalmente per sgombrare il campo a Decaro dai sindaci dello stesso suo partito, e financo della stessa corrente renziana, che sarebbero stati sicuramente temibili rivali nella corsa del 12 Ottobre scorso alla presidenza dell’Anci, dopo le dimissioni del torinese Piero Fassino. E ciò, sempre secondo le stesse fonti, al fine di rafforzare in termini di visibilità ed appeal politico la figura di Decaro, che in Puglia, da quando è sindaco di Bari, è considerato all’interno del Pd il maggior vessillo locale di Renzi e del renzismo. Quindi, la voluta elezione del sindaco Decaro alla guida dell’Anci da parte del premier dimissionario è da considerare come un ulteriore smacco politico che Renzi ha voluto infliggere al governatore pugliese, che nel 2011 si era speso con tutte le sue forze per quella carica, ma senza riuscirci a causa proprio dello stesso Renzi. E’chiaro che il Premier dimissionario ha puntato su Decaro per l’Anci, non soltanto per ragioni di ripicca nei confronti di Emiliano che su diverse problematiche, sia d’interesse regionale che nazionale, è entrato in aperto contrasto con il Governo nazionale, ma soprattutto perché verosimilmente pensava di accreditare maggiormente la figura di Decaro come leader regionale del Pd, ai fini della battaglia referendaria a favore del “Sì” che sicuramente non sarebbe stato sostenuto da Emiliano, che già da tempo aveva definito “invotabile” la riforma costituzionale Renzi-Boschi. Ora, però, alla luce dei deludenti risultati riportati dal “Sì” alla consultazione di domenica scorsa l’interrogativo che gli addetti locali ai lavori della politica, ma soprattutto all’interno del Pd, si pongono è: “Quanto conta il sindaco Decaro senza il governatore Emiliano?” Ma a porsi tale domanda dovrebbe essere soprattutto Renzi, che ha “promosso” Decaro all’Anci, oltre ad aver inondato da Premier di fondi straordinari le Amministrazioni (Comune di Bari e Città metropolitana) dirette dal suo principale alfiere. Infatti, alla prova dei fatti locali, sia quelli dei risultati referendari che di gestione degli Enti a guida Decaro, il sospetto che sorge spontaneo su Renzi è se il segretario nazionale del Pd sia effettivamente il leader che appare, oppure se così non è, altrimenti non avrebbe puntato tutto nel Pd pugliese su Decaro con la convinzione che potesse essere questo l’alternativa ad Emiliano per la leadership del Pd in Puglia, la figura politica di Emiliano è ancor più emblematica nel panorama politico nazionale. E, quindi, le ambizioni di scalata al vertice del Pd sono ancor più giustificate e comprensibili. Pertanto, la recente richiesta del governatore pugliese di dimissioni di Renzi anche dalla segreteria del partito è più che plausibile.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 10 Dicembre 2016