Machiavelli e la ‘Caporetto’ pugliese
I manuali di storia della strategia ancora in uso nelle accademie militari si soffermano sul genio di Annibale a Canne. Mentre i cultori della fanta-storia si appassionano intorno all’interrogativo : Come sarebbe stato il mondo oggi se, all’indomani del grande successo in terra di Puglia, i Cartaginesi avessero subito attaccato Roma anziché tergiversare impigrendosi a Capua? Il clamore di quella battaglia vibrò per tanti secoli che il Machiavelli non poté astenersi dal riflettervi. Ciò avviene nei ‘Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio’. Machiavelli fa della tragedia di Canne lo spunto per disegnare la figura del leader ideale e delle regole di buon governo. Per esempio nel Libro I, cap. 11, loda la figura di Scipione il quale sentendo che dopo la ‘Caporetto pugliese’ molti cittadini “si erano convenuti abbandonare la Italia e girsene in Sicilia…. li andò a trovare e col ferro ignudo in mano li costrinse a giurare di non abbandonare la patria”. E altresì (Libro III, cap. 49) loda l’energia con cui Roma “intervenne a quelli soldati che infelicemente avevano combattuto a Canne ; i quali confinò in Sicilia ed impose loro che non albergassono in terra e che mangiassono ritti”. Per paradosso Machiavelli approva la clemenza con cui fu trattato il Console Varrone, massimo responsabile della disfatta, giacché nella sua condotta temeraria “vi era ignoranza e non malizia” : “Non solamente non lo castigarono ma lo onorarono e gli andò incontro nella tornata sua in Roma tutto l’ordine senatorio ; e non lo potendo ringraziare nella zuffa, lo ringraziarono ch’egli era tornato in Roma e non si era disperato delle cose romane”. Esempi di saggezza vengono anche dai demonizzati avversari : “Annibale, poi ch’egli ebbe rotti i romani a Canne, mandò i suoi oratori a Cartagine a significare la vittoria e chiedere sussidi. Disputossi in senato di quello che si avesse a fare. Consigliava Annone, uno vecchio e prudente cittadino cartaginese, che si usasse questa vittoria saviamente in fare pace con i romani”. In sostanza, Annone era dell’avviso che dovendosi comunque un giorno fare pace con i Romani, tanto valeva sfruttare quel momento per addivenire a patti sicuramente favorevoli invece che contentarsi più avanti di condizione di pace meno vantaggiose in caso di negativo prosieguo della guerra ; come poi di fatto fu. Annone, evidentemente, conosceva bene la tenacia di Roma, nella quale Machiavelli indica un esempio senza tempo : “Nessuna cattiva sorte gli fece mai divenire abbietti… non invilirono mai… non mandarono ad Annibale o a Cartagine a chiedere pace, ma lasciate stare tutte queste cose abbiette pensarono sempre alla guerra, armando per carestia di uomini i vecchi ed i servi loro… Le repubbliche forti e gli uomini eccellenti ritengono oggi fortuna il medesimo animo e la loro medesima dignità”.
Italo Interesse
Pubblicato il 1 Ottobre 2013