Cultura e Spettacoli

Maestri d’ascia e calafati, l’altra Puglia che fu

Tempo fa, in un porticciolo del barese, ci è capitato di assistere ad uno scambio di battute tra il proprietario di un vecchio gozzo in vendita e un mancato acquirente ; una trattativa andata in fumo davanti alla richiesta : 1500 euro, una cifra giudicata esosa considerati l’assenza di motore, i costi di stazionamento, quelli di manutenzione… Di contro, il vecchio pescatore, che su quella imbarcazione doveva aver consumato una vita, faceva osservare che un gozzo oggi è un investimento. In tempi di gommoni e stampi in vetroresina, gli ultimi maestri d’ascia lavorano solo per i cantieri che sfornano yacht e barche a vela d’alto mare ; nessuno più suda per allestire una lancia, un burchiello o altro tipo di barca a remi. E a cercare imbarcazione così non sono soltanto i più romantici amanti della pesca. Anche malandate, se le accaparrano persone che non sanno cosa vuol dire una cima, un banco, uno scalmo. Le comprano per ornare ristoranti, punti vendita, persino giardini. Quanto alla manutenzione, ovvero l’opera di calafatura, i pochissimi maestri in circolazione (e in via d’estinzione per mancanza di apprendisti) snobbano le commesse piccole, sicché… In conclusione, un affare andato a vuoto. Al termine della sterile trattativa, ciascuno per i fatti suoi. Ma un cronista con la curiosità rimasta inesausta. Maestri d’ascia, calafati… Che ne è più di questa gente in Puglia? Ci dicono che ancora a Molfetta qualche rappresentante della prima categoria è attivo. E, comunque, nell’ambito della riscoperta delle antiche arti, l’Enaip sta organizzando in quel di Monopoli corsi volti a sfornare nuove maestranze di carpenteria nautica. Torneremo a vedere gozzi fabbricati a mano invece che in plastica? Pensiamo di no. L’iniziativa regionale ci pare mirata a che almeno le barche da diporto scansino la fine dei pescherecci, oggi non più in legno bensì armati componendo metallo e vetroresina. Circa la calafatura, nessun Ente si sogna più di istituire appositi corsi di formazione, per cui anche da noi ciascuno s’arrangia come può. Perché se sagomare legname richiede competenze che non si improvvisano, impermeabilizzare fasciami è cosa alla portata di tutti, sempre che a quest’operazione si possa consacrare il triplo del tempo che impiegherebbe un  maestro. Dopotutto è una questione di pazienza, e se in passato l’inserimento di canapa o stoppa impregnate di pece negli interstizi tra una fascia e l’altra richiedeva la perizia nell’uso della mazzuola in legno e della ‘malabestia (particolare scalpello a punta piatta), oggi l’uso di resine sintetiche spalmabili a pennello facilita la vita anche ai dilettanti.
italointeresse@alice.it
 
 
 
 
 


Pubblicato il 16 Maggio 2011

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