Cultura e Spettacoli

Maione, un delitto annunciato

Il 10 novembre del 1160, a Palermo, nei pressi della porta di S. Agata, Matteo Bonello, giovane e ambizioso esponente dell’aristocrazia feudale siciliana, passava a fil di spada Maione, Grande Ammiraglio del Regno di Sicilia. Un delitto annunciato. Nei suoi ultimi dieci anni di carriera, spesi al servizio della corona, Maione si era inimicato molti potenti. Figlio di un alto magistrato, Maione era nato a Bari nel 1115. Dotato di capacità non comuni – nel ‘Chronicon’ dell’arcivescovo di Salerno Romualdo Guarna è definito “vir utique facundus, satis providus et discretus” (p. 235) – Maione fece una brillante carriera nella Cancelleria del Regno prima di entrare nei favori del nuovo monarca (Guglielmo I). Divenuto con la nomina a Grande Ammiraglio del Regno di Sicilia l’eminenza grigia del potere, Maione  si rese responsabile del rafforzamento del potere centrale a scapito delle spinte centrifughe dell’aristocrazia feudale. Di fatto unico consigliere del sovrano, Maione privò d’ogni potere la Curia Regis, fino a quel momento principale organismo consultivo della Corona. Nel suo ‘Liber De Regno Siciliae’ Ugo Falcando accusa il sovrano di aver affidato a Maione “totius regni curam et administrationem” e aggiunge che l’ammiraglio “ceteros omnes excludens, cum rege singulis diebus solus habebat colloquium, solus regni tractabat negotia, regisque animum quocumque libuerat inclinabat”. Eppure, malgrado l’enorme influenza che era in grado di esercitare sul sovrano, Maione non mosse un dito nel 1551 per salvare Bari dalla durissima rappresaglia sferrata da  Guglielmo contro le città ribelli che si erano schierate con i Bizantini (il Re fece radere al suolo la città, ad eccezione delle chiese, così meritandosi l’appellativo di ‘il Malo’). Il non aver voluto impedire la distruzione della città natale non portò bene a Maione : A partire dal 1158 una vasta insurrezione iniziata nei domini continentali si saldò con il malcontento dei baroni calabresi e siciliani facendo crollare il sistema di potere che faceva capo a  Maione. Consapevole del rischio che correva, Maione ricorse a numerosi ‘correttivi’. Uno di questi fu l’invio in Calabria di Matteo Bonello, al quale aveva promesso in moglie una propria figlia, per recuperare la fiducia dei feudatari calabresi che mostravano segni di insofferenza. Bonello invece passò dalla parte dei ribelli e s’impegnò a uccidere Maione. Cosa che poi fece, come abbiamo visto (e la vendetta colpì anche un fratello e un figlio di Maione, morti nelle prigioni palermitane). Mal gliene incolse, però : Nel 1161 Guglielmo I fece rinchiudere, accecare e mutilare Bonello, che morì poco dopo. Dei pochi famigliari di Maione sfuggiti alla persecuzione si ha notizia solo di una sorella, Eustochia, attestata nel 1160 come badessa del monastero di S. Scolastica di Bari, e probabilmente ancora viva intorno al 1200, e di Ruggero, figlio minore di Maione. Da Ruggero, che appare nella documentazione barese come agiato possidente a partire dal 1197, discese la famiglia de Amirato, che ebbe in Maione de Amirato, Giustiziere di Terra di Bari tra il 1231 e il 1234, un valido ufficiale di Federico II di Svevia.

Italo Interesse


Pubblicato il 10 Novembre 2015

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio