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Mancati vampiri di Puglia

104 anni fa moriva a Londra Bram Stoker, celebre scrittore irlandese di storie del terrore e romanzi gotici. A proposito dell’ispirazione di ‘Dracula’ si ritiene che determinante sia stata la cattiva salute di cui Stoker soffrì fino ad otto anni : costretto a trascorrere la maggior parte dell’infanzia a letto, il piccolo Bram avrebbe maturato in quei giorni una sensibilità morbosa verso il tema del sonno senza fine e della resurrezione. Tema approfondito più in là, nel 1890, quando incontrò il professore ungherese Arminius Vambéry, dal quale apprese la leggenda del principe rumeno Vlad Tepes Dracul. Stoker credeva ai vampiri? Sembra di no. Per cui crediamo che se avesse letto la ‘Dissertazione sopra i vampiri’, scritta agli albori del Settecento dal nostro Giuseppe Davanzati, arcivescovo di Trani, sarebbe giunto alla medesima conclusione dello studioso pugliese, ovvero che i vampiri esistono solo “nella fantasia corrotta del popolo basso”, ovvero di donnicciole e poveri contadini… Chissà però cosa avrebbe pensato il buon Davanzati se con i suoi occhi, proprio a Trani, una decina d’anni fa avesse visto cosa è venuto fuori dal sottosuolo di Capo Colonna : Due sepolture ‘anomale’ risalenti al periodo compreso tra il IX e l’VIII secolo contenenti gli scheletri di due maschi adulti, di un giovane e di un adolescente. Anomale perché le quattro salme si presentavano prone e non supine e tutte oppresse da grosse pietre (i sepolcri erano poi sigillati da un lastrone sollevato di almeno un metro dal fondo della sepoltura). Si parlò subito di non-morti a causa del fatto che alcune salme mostravano l’assenza dell’incisivo destro centrale, quasi che un boia, dopo l’esecuzione avesse asportato i denti con cui questi pretesi vampiri azzannavano le loro prede. In realtà si trattava di suppliziati per colpe infamanti (esami necroscopici hanno evidenziato che i quattro infelici furono violentemente percossi prima di essere sotterrati). Quanto alle insolite modalità d’inumazione, qui siamo in presenza di una classica pratica ‘necrofobica’. Fortemente superstiziosi, gli antichi avevano terrore delle anime dei giustiziati o dei sacrificati. Dei secondi temevano la vendetta, dei primi temevano la natura malvagia che era stata la ragione di delitti particolarmente efferati. Per impedire il ritorno del morto nel mondo dei vivi si ricorreva a rimedi ‘simbolici’, come amputare i piedi, applicare collari, chiodi, cunei e quant’altro utile a ‘trattenere’ in loco anime ritenute potenzialmente dannose (nel caso di donne accompagnate nella tomba dalla fama di fattucchiere si ricorreva all’asportazione della mandibola inferiore allo scopo di scongiurare il pericolo che maledizioni venissero scagliate dall’altro mondo…). A Trani si volle far ricorso ai macigni : come potevano tornare in terra i quattro con quel peso sulla schiena e col viso rivolto verso il loro ‘habitat’, cioè il sotterraneo mondo degli Inferi?… Chissà di quali colpe quei mostri si erano macchiati? Costituivano un branco di orchi, di stupratori, di antropofagi rituali?

Italo Interesse

 


Pubblicato il 20 Aprile 2016

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