Mandela: fu vera gloria ?
“…il mio genio… /vergin di servo encomio /e di codardo oltraggio”, Canta don Lisander ne ”Il cinque maggio” a proposito di napoleone bonaparte. Manzoni, infatti, Rivendica alla sua Ispirazione Poetica (il mio genio) di essere stata pura (vergin) da ogni lode servile, adulatoria, quando ”Lui folgorante in solio” (quando napoleone sul trono era nel pieno della sua potenza) e dagli oltraggi codardi, “quando, con vece assidua, / cadde, risorse e giacque”. Quale sorte è toccata, invece, a nelson mandela? Da vivo, oltraggiato, quando i mentori dell’ ”apartheid” l’avevano costretto al carcere duro per 27 anni nel silenzio e nell’indifferenza dei più; da morto, i più dei suoi ex torturatori a versare lacrime di coccodrillo, i disperati delle “townschip”sudafricane sul suo cadavere lacrime di “pietas” che, a leggere la Storia senza pregiudizi, oggettivamente bensì, mandela non avrebbe meritato. 120 strade del mondo onorano ”madiba”, “un gigante”, l’ha definito obama che nel suo discorso allo stadio di soweto (lo stadio che ospitò nel 2010 la finalissima dei campionati del mondo di calcio, sponsorizzati da mandela, nonostante il costo enorme di essi, per motivazioni di orgoglio nazionalistico e di speranza d’investimenti in sudafrica da parte delle più ricche potenze mondiali, al quale, prima che le squadre finaliste scendessero in campo, fu fatto fare, nonostante fosse gravemente malato e in lutto per la morte di una nipotina, un giro di campo su una mini – jeep, fermata di fronte alla tribuna d’onore dello stadio, quasi a simboleggiare un inchino di mandela nei confronti di tutti i rappresentanti ”cambronnati” cioè imbrattati di merda, dei paesi che per secoli avevano colonizzato il sudafrica e che, per perpetuare la colonizzazione, avevano tenuto in catene il giovane mandela, ”pronto a morire per i suoi ideali” di libertà, secondo obama) ha, ipocritamente, blaterato: ”Madiba sarà ricordato come uno degli ultimi grandi liberatori del ventesimo secolo, come gandhi, come king, come lincoln”. Sartre avrebbe bofonchiato: ”Libertà, quale libertà, quella fasulla, basata sul nulla”, con cui, Aggiungiamo NOI, non pochi si sono nei tempi sciacquata la bocca: da catone il censore (Citiamo a braccio) a bruto il cesaricida, a spartaco, che non voleva eliminare la schiavitù, sebbene rendere schiavi coloro che avevano schiavizzato lui e i suoi compagni, ai sanguinari rivoluzionari francesi del 1789, ai bolsceviki russi del 1917, agli alfieriani resistenti contro mussolini e, se l’accostamento non sembri azzardato alle icone della Storia, al berluska. Libertà, quanti crimini sono stati commessi in tuo nome! Tutti coloro che hanno fatto uso e abuso della Parola Libertà, non sempre o quasi mai L’hanno associata al Diritto e alla Legge. Ciascun uomo, oltre a godere della Libertà, ha il Diritto di soddisfare i suoi bisogni primari: mangiare, bere, un tetto che non sia il cielo, all’istruzione, alla tutela della salute. Se con la Libertà i liberatori non sono stati capaci di assicurare alle masse disperate una dignitosa sopravvivenza, permettendo ad esse il soddisfacimento dei bisogni, di cui testé abbiamo parlato, hanno dato ad esse una libertà dimidiata, senza spezzare le secolari catene che ad esse impediva, impedisce, impedirà di Attingere alla umana Elevatezza, Rispettabilità. Inoltre, la Libertà va associata alla Legge, ché quante volte nella Storia le classi in ascesa e una ristrettissima oligarchia di esse si sono servite delle masse di disperati, per spazzare via gli antichi detentori del potere, gli antichi regimi e, sciolta da qualsiasi vincolo, la libertà assoluta, conquistata con il sangue dei “picciotti”, soprattutto, è stata per essi una sorta di usbergo per imporre regimi ove l’arbitrio cruento tracimava da alvei di rapporti tra i maneggioni tracotanti del potere e i sudditi di turno, non controllati, non contrastati da Legalità alcuna. Belle Parole: Libertè, Egalitè, Fraternitè pronunciate dai capi rivoluzionari francesi nel 1789 e dalla “ruffianità” intellettuale, organica ad essi; ma essi, nel proclamarle con tanta inusitata, passionale tronfiezza, nascondevano una riserva mentale e cioè che la rivoluzione avrebbe dovuto rendere liberi, assolutamente, dai laccioli dei regimi sconfitti o da sconfiggere, spazzati via o da spazzare via, nella uguaglianza fraterna solo coloro che appartenevano alla classe borghese, dai percorsi, dalle vicende storiche, matura, ormai, d’insediarsi al vertice della francese società. Matura, perfino, nell’ appesantire con grimaldelli più consistenti le moltitudini affamate, stoltamente, esultanti ad ogni testa di nobili che si staccava dal corpo di essi, che non potevano immaginare a quali altre forme di orrende schiavitù i nuovi padroni o inquilini del ”palazzo” stavano pensando, progettando di sottoporle, sfruttandole o mandando a morire i giovani, da esse generate, nei numerosi campi di battaglia per l’europa per ragioni di imperialismo politico, economico, militare. E la rivoluzione francese partorì napoleone bonaparte che alla testa delle sue armate si mise in giro per l’europa, per costruirsi un impero e per fare il “gazzettiere universale”, così come con rabbiosa asprezza lo definì Ugo Foscolo, delle idee della rivoluzione, della quale non poteva non essere figlio (Marx Affermava che il pericolo di tutte le rivoluzioni è il “bonapartismo”; fu buon profeta eziandio della rivoluzione, di cui Egli fu l’Ideologo Ispiratore, russa che figliò lenin e stalin e le purghe e i gulag e la siberia e decenni di guerra fredda contro i criminali, provvisori ospiti della casa bianca negli “states), incitando la borghesia europea a ribellarsi a regnanti incartapecoriti e a farsi classe dirigente, in comunione oltre i confini dei singoli stati o regni. Anche nello stivale le armi di napoleone suscitarono empiti di risveglio tra i borghesi italiettini sì che nel giro di pochi decenni essi si liberarono di principi e duchi (rais di staterelli sempre in pericolo di essere fagocitati dai numerosi eserciti, che oltrepassavano le Alpi per depredarli di quanto potesse essere, facilmente, depredabile), costruendo quella nazione unita, tuttavia, affidata alla dinastia più imbecille, guerrafondaia, incolta tra quante infettassero con le loro rivalità militari e mene espansionistiche l’europa. E gli ultimi in italia e in europa, nell’800 e nel ‘900 di un millennio fa, tappezzate di morti, da chi, da cosa si liberarono? Le plebi meridionali, ad esempio, si liberarono di franceschiello, dei borboni, per essere messe a ferro e a fuoco dallo zoticume savoiardo; per essere da esso mascherate con la divisa grigioverde ché apparissero popolo, pronto all’olocausto in due guerre mondiali per la grandezza di una patria che, giammai, fu per esse amica; poi dalla ventennale carnevalata fascista del predappiano, poi, l’inquilino di “palazzo Venezia” appeso a piazzale Loreto, da 50 anni di clericume democristiano, ognora, inciuciato con partiti sedicenti di sinistra, il cui, altrettanto, sedicente “centro democratico”, composto da borghesi o alto borghesi (vedi il napoletano, re d’italia), a lungo andare ha mostrato la sua vera faccia di essere un’accozzaglia di tapini, pronti a dire: ”noi non c’eravamo e se c’eravamo non abbiamo visto, né sentito” sì che di ogni scandalo, di ogni malversazione del pubblico denaro, di tutte le stragi di stato, tanto clamore, tanto rumore, ma nessun colpevole. Gli ultimi in balia delle mafie e delle massonerie, più o meno stato o nello stato incardinate, come sempre! Sancirono che gli uomini nascono eguali e loro compete il Diritto alla Felicità i figli, i nepoti, pronepoti dei banditi cacciati dalla corona inglese e spediti nel nuovo mondo e, poi, caterve di europei, che approdarono in esso, mentre, nel contempo, organizzavano trasporti nelle americhe di migliaia e migliaia di neri d’africa, sequestrati nelle stive delle navi, ché con il loro sangue e sudore facessero ricchi e potenti, militarmente, gli “states”. I neri per il colore della loro pelle non avevano, non potevano avere i medesimi diritti degli schiavisti bianchi, dovevano essere cose di proprietà degli schiavisti bianchi che, tra di loro, esclusivamente, intendevano solidarizzare, pur principiando la loro “Magna Carta”, riconoscendo a tutti coloro che avevano umane fattezze pari dignità e pari opportunità di essere felici. Tanto sodali tra di loro si dissero gli schiavisti bianchi che ritennero opportuno stabilire con comportamenti, atteggiamenti segregazionistici, aventi, quasi, valore di legge, che non avrebbero potuto, mai, essere fratelli con i neri e, mai, avrebbero dovuto sollevarli dalla schiavitù in cui li avevano inabissati. Abraham lincoln, 16.mo presidente degli “states”, abolì la schiavitù negli “states”, ma non abolì la povertà, l’ingiustizia sociale, due dure condizioni da cui i neri, tranne alcuni fortunati, privilegiati, mai, si affrancarono negli “states”. Non si possono abolire pregiudizi sociali, culturali per legge che appartengono al foro interiore di ciascun individuo, che se è “cambronnato”, cioè riempito di merda, non basterebbero torme di gendarmi, come non bastarono i magniloquenti discorsi di lincoln, per estirparli dai cuori e dalle menti degli associati in una comunità in essi o da essi irrigidita, monoliticamente. Da chi, da cosa liberò gandhi la folla interminata di indiani che nascevano, nascono e morivano, muoiono per strada ? Dagli inglesi ? Certamente, quella folla non s’accorse nemmeno che gli inglesi avevano ammainato la loro bandiera dai palazzi che contavano e contano in nova delhi, come le plebi meridionali italiettine che, per le situazioni di miseria peggiorate nel regno unito dei savoia, addirittura mercé le loro truppe al comando di macellai, come cialdini, non sospettarono, affatto, che un altro culo seggiava sul trono dei borboni. Nelson mandela, primo presidente nero del sudafrica, eletto nel 1994, dopo la fine dell’ ”apartheid” nel suo paese, rimase in carica fino al 1999. Dal 1994 fino ai nostri giorni “l’african national congress”, il partito di mandela, è stato, ininterrottamente, al governo del sudafrica. Eppure, la delusione all’interno e all’esterno del sudafrica non è stata sottaciuta, pur se non dirompente nei riguardi di mandela per via dei 27 anni da lui trascorsi nel carcere duro di robben island, dal 1962 (arrestato dalla polizia sudafricana in seguito ad informazioni partite dalla “cia” degli “states”, i cui ultimi tre presidenti si sono precipitati a johannesburg, con altri cosiddetti grandi della terra, a onorare il cadavere di un uomo che disonorarono, torturarono in vita. Tra essi, non poteva mancare il “due di briscola”, il nepote per antonomasia, enrico letta) al 1990. Perché la delusione e i delusi ? Per via delle mancate conquiste sociali durante il periodo del suo governo; per via dell’incapacità del governo di mandela di dare risposte efficaci al dilagare dell’hiv/aids nel suo paese. Non sono, altresì, mancate le voci che hanno attribuito a mandela una concezione del potere, lucidamente, cinica. A dispetto del suo apparire ”nonno bonario” era autoritario e, a tratti, dispotico. Capace di dare un colpo alla botte, l’altro all’incudine, durante un convegno di “businessmen” occidentali, affermò che l’occidente aveva il dovere di fare investimenti in africa per riparare ai danni del colonialismo. “Tamen”, nessuno dei presenti ebbe il timore che mandela fosse ritornato ad essere il rivoluzionario che era stato in gioventù, come tutti coloro che da giovani giocano a fare gli estremisti rivoluzionari anche a costo di farsi del male; i socialisti massimalisti, come tutti i giovani “benito” che, diventati adulti e smagati, diventano i “mussolini” in tight e bombetta. Guevara, di cui si dice che avesse organizzato campi di concentramento per i gay, che fosse omofobo, che sparava ai gay, se fosse vissuto, avrebbe fatto la medesima fine, in senso controrivoluzionario, del suo compare fidel castro. E, magari, dello stesso mandela.! E, poiché era mandela, senza suscitare critiche indignate, scomposte reazioni, buttò fuori dal partito e dal governo tutti gli esponenti radicali di essi, compresa la sua ex consorte winnie, popolarissima tra i diseredati neri. Nel 1993 fu insignito del premio “nobel per la pace” e, in seguito, di tante altre onorificenze da parte di paesi aguzzini non solo dei neri del sudafrica, “sed” di tutta l’Africa. Per Autocitarci, mentre la fede, spesso, ha ripulito, ripulisce il male e coloro che lo perpetrarono, lo perpetrano, il “perdono” di mandela ha ripulito gli orrori, le ruberie, lo sfruttamento commessi dai colonialisti, dagli imperialisti, culturalmente, ideologicamente, eurocentristi, nei confronti del “Terzo Mondo”.
Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano
pietroaretino38@alice.it
Pubblicato il 13 Dicembre 2013