Cronaca

Mangiare il giusto, mangiare sano

Avantieri al mercato dell’ex Manifattura una bancarella metteva in vendita a 33 centesimi il chilo una partita di mele. Piccoli, di forma irregolare e dai colori spenti, i frutti non si presentavano bene ; in altre parole non corrispondevano agli standard qualitativi imposti dall’iconografia pubblicitaria. Il pubblico ignorava quelle mele, benché squisite (possiamo testimoniarlo per averle assaggiate dietro espresso invito del commerciante). Che fine avrà fatto quella partita insieme a tutte le altre partite di frutta e verdura esteticamente difettose? In pasto a maiali, conigli ed altri animali da allevamento. Uno spreco. L’ennesimo quando si parla di alimenti. Si calcola che in Italia in un anno vengano buttati quasi tredici milioni di euro di cibo consumabile fra avanzi non riutilizzati e alimenti scaduti. Un danno non solo economico ed etico, ma pure ambientale, visto che ogni grammo di cibo esige la sua quota di acqua ed energia. E’ possibile che l’imminente aumento dell’Iva sui beni di prima necessità serva a rieducare gli italiani, per quanto preferiremmo ad una scelta dettata da cause di forza maggiore, una scelta che sia frutto di un pensiero nuovo e più maturo. Si parla tanto d’introdurre nella scuola l’educazione ambientale. E quella alimentare? Se il futuro del pianeta e dei suoi peggiori ospiti (noi) dipende da come essi si nutrono, è  il caso di affrettarsi a educare i consumatori sin da piccoli. Si potrebbe cominciare obbligando tutte le scuole dalle materne alle elementari che abbiano a disposizione un fazzoletto di terra a trasformarlo in orto curato dai bambini. Mangiare un ravanello, un pomodoro o un cespo d’insalata prodotti con le proprie mani è esperienza ben più formativa di quando possano belle parole e belle immagini. Tornando alla nostra partita di mele, in Portogallo si è costituita una cooperativa che acquista partite di frutta e verdura poco appetibili all’aspetto ma eccellenti al palato e le rivende ai propri soci. Ciò che accade con la frutta accade pure col pesce. Quanti pesci a bordo delle paranze vengono ributtati (morti) in mare perché senza mercato? Ancora tempo e carburante sprecato a fronte di un impoverimento gratuito della fauna. In Toscana stanno avviando corsi negli ipermercati, negli istituti alberghieri e all’interno dei ristoranti per promuovere il consumo del pesce povero, risorsa di solito snobbata e che invece, sapientemente cucinata, è altrettanto appetibile che gli intoccabili polpi, pescispada, spigole e orate. Insomma, è tempo di tornare ad un approccio ragionevole col cibo, che sia rispettoso dell’ambiente, della salute, della tasca e non ultimo di quei due terzi di umanità al di sotto della soglia alimentare. Non ci eleva il fatto di vivere di surgelati, precotti, insaccati, di prodotti da distributore automatico e di altri cibi che spengono la convivialità a favore di un consumo frenetico e anonimo, degno di animali da batteria.

Italo Interesse


Pubblicato il 10 Ottobre 2014

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