Cultura e Spettacoli

Mario Mancini, l’irripetibile

Mario Mancini se n’è andato. Con lui è scomparso un altro pezzetto di noi, un monumento della storia del teatro barese, vernacolare in primo luogo. In molti in questi giorni stanno parlando di lui. Ascoltiamo in proposito la voce di Nietta Tempesta, figura storica di quel Piccolo Teatro di Bari Eugenio D’Attoma del quale il grande attore barese è stato protagonista per numerosi decenni. – Nietta, chi era Mario Mancini, lontano dal palcoscenico? – “Un amico, un uomo affabile, tollerante soprattutto, tutt’altro che pieno di sé. Un uomo divertente. Che spasso quando si andava in tournée. In albergo era lui l’attrazione, con le sue macchiette, i suoi scherzi… e le storielle? come le raccontava lui non le raccontava nessuno… Beh, qualche volta si litigava, anzi più che qualche volta, ma si faceva pace in capo a un’ora”. – Fra voi c’era grande cameratismo, frutto di una lunga militanza professionale… – “In verità, Mario ed io ci conoscevamo da bambini, essendo vicini di casa. Ci siamo ritrovati dopo, col teatro. L’aver condiviso le miserie della guerra ci ha avvicinati naturalmente, anche sul piano professionale”. – Quale lo spettacolo interpretato a fianco di Mario che ricordi con più nostalgia? – “Li ricordo tutti con nostalgia, in particolare quelli legati al vernacolo, come i due ‘archi’ per esempio, spettacoli nei quali sono confluiti molti ricordi della nostra infanzia”. – Che rapporto aveva Mario con Eugenio D’Attoma, il fondatore del Piccolo Teatro? – “Più o meno lo stesso che avevo io con Eugenio. Mio marito era la mente, Mario ed io eravamo le braccia”. – Ritieni che Mario debba molto a Eugenio? – “Non solo Mario, veramente. Si può dire questo : Eugenio ha saputo valorizzare Mario come nessuno. E nessuno come Mario ha saputo fare tesoro degli insegnamenti di Eugenio”.  – Ci racconti qualche episodio buffo della storia di Mario? – “Stavamo recitando Jarche Vasce. Nel momento più frizzante, Mario scoppia a ridere. La sua risata si fa incontenibile. Poi da incontenibile diventa contagiosa, sicché ridiamo tutti, non si riesce ad andare avanti. A questo punto qualcuno scappa in quinta a soffocare il riso. Poi lo imita un altro, e un altro ancora… Io provo a resistere. Macché, alla fine mi rifugio in camerino pure io. In scena resta Mario a ridere da solo. E il pubblico che applaudiva…” –  Riesci a vedere in futuro un altro Mario Mancini? – “Mario aveva un dono, l’umiltà. Sapeva ascoltare, sapeva come accostarsi al testo e alla regia. Ciò gli consentiva di crescere ad ogni produzione, persino ad ogni replica. Una cosa da cui non si può prescindere in teatro (parlo del teatro serio). Gli attori di nuova generazione, invece, si presentano con la pretesa di sapere già tutto. No, un Mario Mancini non ce lo restituisce più nessuno”.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 26 Luglio 2016

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