Cultura e Spettacoli

Meridionali, “razza maledetta”

C’è ancora a nord chi pensa che spaccando in due la penisola si salverebbe il meglio d’Italia. E’ un pregiudizio antico, rivitalizzato dalle polemiche che hanno accompagnato le celebrazioni del 150enario dell’Unità. Polemiche che hanno dato vita dall’una e dall’altra parte a pubblicazioni per lo più esasperatamente di parte. Poche le voci equilibrate e costruttive ; tra esse segnaliamo ‘Brandelli d’Italia’ di Romano Bracalini e ‘La patria bene o male’ di Fruttero e Gramellini. Gira gira, le cose roventi che si dicono oggi si manifestano figlie di primo letto di quelle, non meno taglienti, pronunciate ieri. Andiamo indietro di oltre cento anni e leggiamo cosa scriveva Gaetano Salvemini a Giustino Fortunato : “Per i settentrionali noi meridionali siamo ciò che sono le colonie per i paesi dominanti, ciò che sono i poveri per i ricchi. Ci sfruttano senza rendersene conto e ci disprezzano rendendosene conto. Ci fanno, quando succede un terremoto, l’elemosina di qualche milione, di qualche lacrima ; ci fanno l’elemosina di una leggina che ci permetta di costruire a spese dello Stato, cioè di noi stessi, il lastricato di una piazza o la gru di un porto e poi se ne vanno a letto. Uomini come Turati e Bissolati detestano sentir parlare del Mezzogiorno. E, per nostra disgrazia, sono in buona fede”. Ma già all’epoca i nemici del Mezzogiorno erano fra la stessa gente del Mezzogiorno. Il siciliano Alfredo Niceforo, che sosteneva la fisiognomica criminale del Lombroso, spiegava l’arretratezza e il carattere primitivo del Mezzogiorno su base genetica. A suo dire le differenze razziali fra settentrionali e meridionali si riflettevano nelle opposte psicologie e nei conseguenti comportamenti, per cui a settentrionali laboriosi, onesti, solidali e cooperativi si contrapponevano meridionali violenti, sudici, oziosi e individualisti. Fu il Niceforo facendo autogol a usare a nostro danno l’espressione “razza maledetta”. L’orrenda espressione è contenuta in un libro edito nel 1899 : ‘L’Italia barbara contemporanea’ (“…la razza maledetta che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il Mezzogiorno d’Italia dovrebbe essere trattata col ferro e col fuoco”). In grettezza non erano da meno al Niceforo quei notabili sparsi qua e là da Civitella del Tronto a Marsala (estremi est-ovest del defunto regno duo-siciliano) che fecero proprio il credo  del Ministro dell’Istruzione Guido Baccelli : “Bisogna insegnare solo a leggere e scrivere… mettere da parte l’educazione al dubbio e alla critica… altrimenti sono guai”. Fecero proprio quel credo al punto da ostacolare l’accesso dei cafoni ai livelli anche più elementari dell’istruzione “perché ciò avrebbe costituito un pericolo per la società”. In questo contesto desolante s’inserisce anche Giovanni Bovio, avvocato pugliese il quale in Critica Sociale del 16 maggio 1886, entrando in polemica col repubblicano Arcangelo Ghisleri sosteneva “non esservi il diritto alla barbarie e che la civiltà europea “aveva tutto il diritto di imporsi con la violenza alle razze che non soltanto chiamiamo barbare ma decisamente inferiori”.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 27 Novembre 2014

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