Cronaca

“Mettere fine alle prestazioni inutili e costose che ingolfano il sistema”

Intervista con il già assessore alla sanità prof. Pierluigi Lopalco

Necessario nella sanità un nuovo patto culturale e soprattutto mettere fine alle prestazioni inutili e costose che ingolfano il sistema. Lo dice in questa intervista al Quotidiano il noto medico e consigliere regionale, già assessore alla sanità prof. Pierluigi Lopalco il quale con garbo corregge le posizioni della CGIL in tema di sanità.

Professor Lopalco, la CGIL sostiene che il dieci per cento degli aventi diritto rinunciano alle cure…

“Bisogna andarci cauti con queste affermazioni. La prima cosa che ricordo sono i Lea, i livelli di assistenza, vale a dire la griglia delle prestazioni garantite dal servizio sanitario. Oggi tutto sommato in questa ottica la Puglia è classificabile abbastanza solida e si piazza almeno tra le regioni del sud ad un buon livello, sempre tenendo conto del problema relativo alla penuria dei mezzi e risorse”.

Però la CGIL lancia un’accusa abbastanza chiara e concreta…

” Le ripeto che non basta sparare nel mucchio, ma bisogna analizzare le situazioni. Possiamo parlare di denegata cura e dunque di rinuncia quando il cittadino si sente dire che deve fare una mammografia tra dieci mesi. Ma non è denegato servizio quando terapie o cure non strettamente necessarie o urgenti vengono fissate nel medio lungo periodo. Tutto sta come dicevo nella corretta applicazione dei Lea”.

Che fare?

“A mio avviso per risolvere da un lato il problema della spesa, e dall’ altro quello di tempi di attesa, è importante e direi urgente stipulare un nuovo patto culturale tra utente e sanità”.

Spieghi meglio…

“Oggi, e questa è una deformazione, il paziente sottoposto a visita che alla fine non abbia la sua ricetta con medicine o richieste di esami rimane deluso, pensa che la visita sia stata inutile o poco attenta. Poi esiste un altro aspetto di non poco conto, la cosiddetta medicina difensiva che nasce anche legittimamente dalla necessità dei medici di pararsi le spalle davanti a tante cause, talvolta infondate. Accade così che molti medici, anche nel dubbio e  persino quando non è strettamente necessario, rinunciano alla propria ars medica e prescrivono esami strumentali. Fanno felici i pazienti e si tolgono dalla responsabilità. Ma in questo caso  si creano tempi di attesa enormi nelle liste e soprattutto si causa un danno economico alla spesa sanitaria pubblica”.

Anche se nei pronto soccorso spesso si vedono codici che non sono rossi…

“Ecco un’altra stortura che alla fine stressa un personale di per sè stesso sotto organico. Al Pronto Soccorso devono andare soltanto i veri codici rossi mentre quelli versi e altri dovrebbero essere sottoposti alla medicina del territorio. Ho un ricordo molto distinto di quello che personalmente accadde a me in Svezia”.

Cioè?

“Parlo del prestigioso Karolinska Hospital. Ebbi una colica renale e andai al pronto soccorso. Dovetti aspettare sei ore e tutti, dico tutti, attendevano il turno con pazienza. Qui accade che vai al Pronto Soccorso col taglietto al mignolo e pretendi che ti risolvano il problema in mezz’ ora. Lo ribadisco: è anche un fatto culturale, non solo medico o politico”.

Insomma, davvero siamo arrivati al punto da rinunciare alle cure?

“Non sarei così pessimista e cercherei di risolvere i problemi che non vanno. Se pur è innegabile che ci sono punti deboli, è anche innegabile che bisogna rifarsi ai Lea e da questo punto di vista la Puglia è largamente adempiente, specie tra le regioni del centro sud. Tenuto conto della situazione economica e delle risorse non sempre adeguate. E poi basta con le visita inutili, ingolfano il sistema a danno di chi davvero ne ha diritto e urgenza”.

Bruno Volpe


Pubblicato il 23 Marzo 2023

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