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Mille infermieri a casa, livelli assistenziali inadeguati

Tagli alla sanità, sfruttamento del lavoro precario, scarsa tutela nei confronti degli infermieri e degli onesti lavoratori, questa la situazione agghiacciante che, nella nostra Regione, è solo destinata a peggiorare. Reparti unificati, ambulanza prive di medici a bordo, sale operatorie chiuse, liste d’attesa lunghissime, assistenza ridotta ai minimi termini, la sanità pugliese non potrebbe stare peggio. Intanto, i tagli proseguono, continuando a danneggiare settori necessari, indispensabili alla società. “Politici: ministri, senatori, deputati, onorevoli, riducetevi gli stipendi, non fate speculazioni sulla povera gente. Vergogna” si legge su uno dei tanti striscioni e cartelloni che ieri mattina, in Piazza Prefettura, hanno scritto ed appeso, decine e decine di infermieri precari, costretti, dopo 36 mesi di lavoro, ad andare a casa, senza speranza e senza lavoro. “Il Piano di rientro imposto alla Regione Puglia dal Governo centrale, non deve privare i cittadini, specialmente le fasce più deboli, del diritto alla salute – afferma Domenico Cirasole, infermiere precario deciso a fare in modo che la situazione cambi – Circa 1000 infermieri nella sola provincia di Bari, sono stati costretti ad andare a casa, senza più un lavoro, ma la cosa peggiore è il totale disinteressamento da parte dei nostri sindacati, impegnati a tutelare i 300 medici che rischiano di perdere il posto, piuttosto che i 1000 infermieri. Due pesi, due misure e la CGIL mi sta pregando di non diffondere questa notizia. Tutto ciò ha dell’incredibile”. Secondo Domenico Cirasole, ci sarebbe un vero e proprio patto tra i sindacati e l’ASL barese, un patto creato da una parte, con lo scopo di sfruttare quanto più possibile il lavoro degli infermieri precari e dall’altro di tutelare i 300 medici, “come se solo loro garantissero i livelli assistenziali adeguati, nonostante siano nella stessa nostra situazione e abbiano raggiunto i 36 mesi di lavoro, proprio come noi”, continua determinato Domenico Cirasole. Dunque, sembra che ci troviamo di fronte ad un’ennesima distinzione di categoria, persino tra precari. Precari di serie A e precari di serie B, incredibile ma vero, purtroppo. “I livelli assistenziali non possono essere posti su due piani differenti, molti infermieri mandati a casa, lavoravano nei reparti di rianimazione, altri nel 118, altri nei reparti oncologici, si tratta di reparti in cui è necessario una continuità nell’assistenza. A farne le spese, quindi, saranno anche i pazienti, specialmente gli anziani e i pensionati”, ha sostenuto Cirasole, che insieme a numerosi colleghi presenti al sit-in, intende denunciare una situazione incresciosa e delicata, che necessita di una soluzione immediata. “Chiediamo che la legge 368 del 2001, che prevede una modifica del contratto allo scadere dei 36 mesi, sia applicata; chiediamo che non ci sia più alcuna differenza tra precari di serie A e quelli di serie B e che vengano ripristinati i concorsi, fermi oramai da 15 anni e per mezzo dei quali le Asl assumono personale a tempo indeterminato”. Anche Vanessa Manghisi, del coordinaento precari, comparto sanità CGIL, proprio come Domenico Cirasole, ha denunciato esplicitamente la sgradevole situazione in cui versa la classe degli infermieri, “la norma 368 non è stata applicata, la proroga dei contratti avviene con un ritardo di mesi, gli infermieri continuano ad essere sfruttati di 36 mesi in 36 mesi, tutto ciò è altamente illegale. A causa del profondo taglio di personale, coloro che restano in servizio, sono costretti a lavorare anche per 16 ore di fila, con una retribuzione minima e in condizioni pessime, ma noi continuiamo a sacrificarci sempre con il sorriso sulle labbra, senza lamentarci. Abbiamo voglia d lavorare e abbiamo il compito di salvaguardare la salute dei più deboli, ma è nostro diritto essere tutelati. La Asl di Bari – ha proseguito Vanessa Manghisi – ha strappato i contratti firmati da noi il 5 luglio, li ha strappati  davanti ai nostri occhi e ci ha obbligati a firmare nuovi contratti su cui ci era imposto di non fare ricorsi contro l’Azienda sanitaria locale” accuse forti, sintomo di un malcontento che sta diventando sempre più pressante. Dal canto loro, i direttori generali delle Asl baresi, sempre meno limpidi, nonostante il riciclo, per non incorrere in sanzioni contro se stessi e contro il proprio patrimonio, continuano a prorogare i contratti solo ad infermieri che non hanno ancora raggiunto il limite di 36 mesi, mentre gli altri sono costretti a tornare alle proprie case. Si tratta di una situazione dannosa che grava sulle spalle di tutti, seppur a diversi livelli. Riassumendo: gli infermieri che hanno raggiunto il traguardo dei 36 mesi, perdono il lavoro, coloro che restano sono costretti a coprire turni lunghissimi ed estenuanti e i poveri pazienti, anziani e non solo, vedono ridotta, al limite estremo, la propria assistenza ospedaliera, con tutte le conseguenze del caso. Quando si parla di lavoratori precari, è importante non parlare solo di numeri, di percentuali e di statistiche, ma è importante soprattutto parlare di persone, uomini e donne con una famiglia sulle spalle, con un mutuo da pagare, con figli da mandare a scuola o all’università. E invece, troppo spesso, si finisce per parlare solo di squallide cifre.
Nicole Cascione
 
 
 
 
 
 
 


Pubblicato il 29 Luglio 2011

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