Minima moralia (Meditazioni sulla Vita Offesa. T. Adorno) (14)
Walter veltroni, dopo avere fatto per diverse legislature il parlamentare del “pci”, il vice primo ministro, poi, in un governo capeggiato da prodi, il sindaco di roma per due quinquenni, “a posteriori”, cioè, quando il partito di Gramsci s’era dissolto nel “pd”, di cui egli fu il primo segretario, più volte sconfitto in diverse tornate elettorali, regionali e nazionali, si dichiarò kennedyano e mai stato comunista, pur, da giovinetto, culturalmente, allevato e rifocillato dal “pci” di onori con gli annessi e connessi di essi, dopo aver scritto romanzi e girato, MI pare, qualche film- documentario, ha ripreso a fare il giornalista, egli che era stato, addirittura, direttore de “l’Unità”, il Giornale Fondato da Gramsci. Insomma, gente, come veltroni, baciata dalla fortuna, talentuosa, magari, se lascia un lavoro, se da qualche impegno si disimpegna, trova, subito, qualcos’altro da fare di notevole prestigio, ognora, e di ottima remunerazione, mentre gente, non baciata dalla fortuna, talentuosa, magari, se lascia, se da qualche impegno si disimpegna, o viene disimpegnata, rimane, irrimediabilmente, al palo. Ad essa si chiudono tutte le finestre e le porte e i portoni! Mentre, per veltroni e soci, il “tourbillon” di finestre e porte e portoni, che si chiudono e si aprono è, sempre, freneticamente, in movimento e pronte, all’istante, le sedie, gli scranni, per i loro culi, che transitano oltre le finestre e le porte e i portoni, quando si aprono, dopo essersi allontanati, volontariamente, liberamente, spontaneamente, dalle finestre, dalle porte, dai portoni, quando si chiudono. Ebbene, veltroni da qualche giorno sta intervistando, per un accorsato giornale milanese, personaggi in vista della prima republichetta italiettina: ha già sentito rino formica su craxi, aldo tortorella su berlinguer, virginio rognoni su moro. Tralascio ciò che il, diciamo, socialista formica e il, diciamo, comunista tortorella hanno affermato, rispettivamente, su craxi e berlinguer, per “zoomarli” sulle loro non sbiadite memorie dei 55 giorni del 1978, che si conclusero con il delitto di moro. Essi hanno ricordato che, benché tutti sapessero dove moro fosse prigione, lo “stato” non volle trovarlo dove egli era stato”locato” dalle ”brigate rosse”. Lo “stato”? Ma rino formica, craxi, tortorella, berlinguer, veltroni medesimo in quel tempo non erano essi al vertice dello stato, ciascuno con onori e oneri diversi, importanti o meno importanti, avendo ad essi il popolicchio sovrano, diciamo, delegato di occuparsi, politicamente, di una porzione di quello “stato”? Perché ciò che in questi giorni hanno essi “vmquato” (nella Lingua di bitonto: riversato, confessato, ammesso) a veltroni, non lo “vmquarono” a chi di dovere, cioè, alla magistratura, ché ordinasse una sortita dove tutti sapevano che l’ideologo delle ”convergenze parallele” si trovava? (con l’indicativo, “quando ce vuole , ce vuole”, non col congiuntivo col quale esprimerei una probabilità, una possibilità, con qualche grammo di dubbio). Prima di squadernare ciò che l’ultra 90enne rognoni, a quasi cinquant’anni dal misfatto moro, ha “vmquato” a veltroni, vorrei “de moro” precisare, chiarire alcune questiocelle. Moro fu, totalmente, un democattolico, come, cito a braccio, andreotti, colombo, de mita, mastella, rumor, caiati, cossiga, scalfaro, segni, ,etc, etc, etc, e un, diciamo, cristiano. Egli, come tutti i suoi amici, aveva la sua corrente, di cui era l’indiscusso capo, e i suoi colonnelli, sparsi per tutta l’italietta, specie in puglia e nella provincia di bari, dove era allocato il suo collegio, non agivano, per carità, alla maniera di verre, governatore romano della sicilia, contro il quale cicerone, altro delinquente, pronunciò le famose”verrine”, ma tentavano, cercavano, protervi da vicinanza al potere, di assomigliargli. Segretario della democrazia cattolica, diverse volte ministro, diverse volte presidente del consiglio dei ministri. Nel disbrigare codesti incarichi, si distinse come il “cunctator”, il “temporeggiatore”: non risolveva i problemi dei diversi dicasteri, a cui era preposto, ma li rimandava. Il meridione dell’italietta, pur avendogli, a profusione, dato voti elettorali, non ha di che gloriarsi di moro, non ha di che ringraziarlo. Facitore, creativo inesauribile di ridicole, vanesie formule del più incomprensibile politichese, come le già ricordate ”convergenze parallele”, utili ché la “balena bianca”, cioè, la cattolica democrazia, diciamo, ingurgitasse nel suo vasto, corrotto ventre il “psi”, un Pezzo di Storia della Sinistra Italiana, e la “solidarietà nazionale”, con la quale svilire, “eunuchizzare” il prepotente patrimonio culturale e modello di lotte del “pci”. Insomma, con la”solidarietà nazionale” moro si proponeva di sdoganare, ufficialmente (ché, ufficiosamente, il “pci”, dalla svolta di salerno dell’aprile 1944, ispirata a togliatti, dai maggiorenti del cremlino, inciuciava con la “dc” ed era al corrente degli autori, del perché e del percome di quelle che furono definite le ”stragi di stato”, compresa quella che fece secca la scorta di moro, lasciando, miracolosamente, indenne moro), il pci e di dargli una presunta, ridondante legittimità democratica, quasi che il “pci” in parlamento ce l’avessero messo lucifero e i suoi scherani. Progetto che avrebbe irritato sia l’unione sovietica, che si sarebbe vista sottratta al suo controllo il maggior partito comunista europeo e gli “states”, che avrebbero temuto, con il partito comunista al governo dell’italietta, crepe nell’alleanza atlantica che, in effetti, era la sudditanza dell’italietta e di molti paesi europei ai di essi voleri. E, quindi, l’uso strumentale delle brigate rosse, da parte dell’una o degli altri, pel rapimento, per le pallottole letali sul padre delle ”convergenze parallele” e della “solidarietà nazionale”. Racconto della Storia non veritiero, balle! In realtà, il grande vecchio, di cui immaginava craxi (La massoneria internazionale, alleata con la mafia espansa negli “states”), s’era stancata di vedere giostrare nell’italietta due partiti elefantiaci, come la “dc” e il “pc”; il collateralismo invasivo del vaticano negli affari sporchi dell’italietta e decise di mischiare le carte, di sciogliere i ranghi nei due partiti. Comandò: ”Liberi tutti” di apparire, finalmente, ciò che tutti, umanamente, sottoculturalmente, erano (molti hanno visto, ad esempio, una inesistente mutazione genetica in napolitano con la sua presidenziale paranoia guerrafondaia; in d’alema che, da presidente del consiglio dei ministri, permise agli aerei della “nato”, cioè degli “states”, di decollare da aeroporti italiettini, per bombardare con proiettili ad uranio impoverito belgrado. In verità essi, sempre, furono, in gran segreto, magari, come sono apparsi,”apertis verbis”, dopo lo “sciogliete le righe” nel ”pci”, apparizione dalla quale, ormai, nulla avevano da temere per la loro carriera politicante e per i loro alimenti) all’interno, ad esempio, del”pci”, cioè, dei fottuti piccolo borghesi, quasi tutti unti con l’olio santo dei sacramenti cattolici. Ordinò che tutti, quindi, si disperdessero in nuove formazioni politiche, in cui i simili avrebbero fatto comunella con i simili, pur provenienti da orticelli diversi del politicume italiota. Tanto, non subito dopo il delitto moro, ma il delitto moro doveva costituire il trauma politico che avrebbe frantumato dalle fondamenta la “dc” e il “pci” e fugata l’unione dei partiti dell’”arco costituzionale”,alle cui spalle agiva, ben ascoltato e ubbidito il pci (Leone non fu cacciato dal “quirinale”, per il pollice verso di berlinguer? Chi bloccò ogni tentativo di trattativa con le brigate rosse, a proposito di moro, se non berlinguer?). Il grande vecchio era stufo del muro di berlino, sì che non ci sarebbe stato più bisogno del ”pci”, come “cavallo di troia”, che permettesse all’ ”unione sovietica” di mettere il becco nell’area d’influenza degli “states”. Così come non ci sarebbe stato più bisogno della “dc”, con la funzione di diga contro il dilagare del comunismo ateo nel cuore dell’europa. Il grande vecchio aveva piene le scatole del teatrino, apparentemente, dialettico tra “pci” e “dc”, due grandi partiti, che con le loro sceneggiate, avrebbero ritardato la realizzazione del suo progetto, che consisteva nel riportare la russia e i paesi europei, suoi satelliti, nell’alveo del capitalismo internazionale più, miserabilmente, avaramente, umano, che avrebbe attratto, per i suoi notevoli profitti, la cina e ridotte a truci tirannie cuba e la corea del nord, ad esempio, a dimostrazione che il comunismo non è nel “dna” dell’umanità. Smontate le giustificazioni ideologiche, culturali; materialmente, sgomberate le residenze storiche della “dc” in “piazza del gesù”, del “pci” in “via delle botteghe oscure”, ecco, nel contesto delle strategie mondialistiche, globalizzatrici del grande vecchio, nell’italietta il ventennio “democraturo” berlusconiano, in sintonia, forse, anche, d’affari, con quello russo di putin, similmente democraturo, alla cui opposizione si stagliava,si fa per dire, alternandosi al governo del berluska, il “pd”sonnolento prodiano, poi la folgore renzi, subito dissolta, evidentemente, non adeguata, non all’altezza delle strategie, di cui sopra. Attualmente, stiamo aspettando che il ciclone parafascista salvini concluda il periodo di prova, cui l’ha sottoposto colui che “tutto può, ciò che vuole”. E veniamo a rognoni: professore di discipline giuridiche nell’università di pavia, parlamentare “dc” per diverse legislature, divenne ministro degli interni, dal 1978 al 1985, succedendo a cossiga, che si era dimesso, per non avere saputo cercare moro nell’appartamento, in cui tutti sapevano, e ritenevano che si sarebbe dovuto cercarlo. In seguito cossiga, proprio per non avere saputo cercare, ove si doveva cercare, fu premiato(da chi, se non dal grande vecchio?) con la presidenza del consiglio dei ministri, con la presidenza del senato della repubblica, con la presidenza della repubblica. Uno degli atti più significativi di rognoni agli interni fu quello di nominare carlo alberto della chiesa, visti i brillanti risultati che il generale aveva ottenuto, sconfiggendo, praticamente, le “brigate rosse”, prefetto di palermo. Ma, una volta a palermo, il vincitore delle”brigate rosse” (però, dopo la conclusione della “pratica moro”, quando, in effetti, non servivano più), si accorse, lamentandosi, spesso, con rognoni, che era stato mandato in sicilia, per essere, poi, lasciato solo in balia dei marosi mafiosi e, quindi, più, facilmente, uccellabile. Come accadde, insieme alla moglie il 3 settembre del1982. Cos’ha, a veltroni, svelato, finalmente, rognoni, ex ministro dell’interno subito dopo il ritrovamento del cadavere di moro, di tanto grave? ”Quel delitto fu un vero e proprio colpo di stato”.
Pietro Aretino, già detto Gaetano Avena.
Pubblicato il 16 Luglio 2019