Cultura e Spettacoli

Minima moralia (Meditazioni sulla Vita Offesa. T. Adorno) (158)

Su “facebook” un ”facebookiano” ha postato una foto in cui è ritratta una famiglia in preghiera davanti a una tavola, lucullianamente, imbandita. Immagino che la preghiera potrebbe essere stata tale, appunto: ”Ti ringraziamo, o Signore, per il cibo che, anche, oggi ci  hai Donato, etc. etc., etc. Ma non ho, giammai, sentito dai componenti di certe famiglie beghine: ”Non ti  perdoniamo, o signore, per il cibo che, anche, oggi, non hai donato a milioni di nostri Fratelli”.

 

Qualcosa di Personale che, ”tamen”, MI Dà la Stura per Comporre una Minima Meditazione di Carattere Generale. A ME molto Piace il vino, ma, se MI capitasse una bottiglia per le mani, tra una Imprecazione (è un eufemismo) e l’Altra;  tra una Filosofica Riflessione e l’Altra; tra un Momento Nostalgico e l’Altro, ME la scolerei in una serata, ché “Vivo in Aequa, Patienti Solitudine (deserto, in Lingua Italiana)”. Poiché posso farne a meno, soffro di meno. Morale della favola: per vivere peggio, dobbiamo, siamo costretti ad astenerci  da qualcosa, che ci Farebbe Vivere Meglio.

 

La democrazia è la democratura del partito di maggioranza o della coalizione di maggioranza e del leader di essi, che trova il suo limite temporale all’interno di una legislatura. Se, poi, il leader, di cui sopra, attraverso, astuzie, sofismi, modifiche dei regolamenti di un parlamento, acconciato, accomodato ai suoi usi e consumi, riesce, un po’alla volta, a procrastinare i limiti di una o più legislature, la democratura del leader, sempre, di cui sopra, può durare all’infinito. La democratura è il dna della democrazia: basta un popolo (ad esempio, tal l’italiettino) inetto, incolto, disattento, costituitosi in una federazione di famiglie, inconsapevoli dei loro doveri,  ma, egoisticamente, attente al rispetto, esclusivamente, dei loro diritti, che un ex maestrucolo qualsiasi, come un ex imbianchino qualsiasi, come un ex spione qualsiasi, come un ex bancario qualsiasi, innalzatosi a banchiere, diciamo di livello europeo, possa assurgere, supportato dalle voglie egemoniche massoniche in un determinato periodo storico, a democratore, su delega di coloro che indossano grembiulini e maneggiano compassi.

 

Ad ”Amici” la trasmissione “mediaset”, firmata da maria de filippi, nella puntata di sabato 2 aprile 2022, data la levatura culturale degli autori di essa e di coloro che ne fanno parte, pubblico in sala compreso, non potevano mancare momenti di puro, vomitevole razzismo nei confronti degli italiettini che abitano, hanno, irresponsabilmente, colpevolmente, abitato la penisola italiettina, dal confine nord (il fiume garigliano) al confine sud (la sicilia) dell’ex regno delle ”due sicilie”. Autrice dell’espressione del razzismo, di cui sopra, la storica (si fa per dire, trattandosi di una delle trasmissioni strappalacrime o strappa applausi della signora costanzo, per non Dire altro) coreografa alessandra celentano. Sempre, (spesso a ragione) severa con gli aspiranti ballerini, che si esibiscono nella trasmissione, di cui sopra, la celentano non si è astenuta dal criticare, aspramente, un aspirante ballerino, proveniente da Adrano (Ct), un 18enne, tal nunzio stancampiano, di Classica Bellezza Greca, ma un po’ fumantino che, arrogantemente, non gradivai rilievi tecnici, a lui opposti dalla maestra di danza. Dal punto di vista delle Competenze Tecniche, che Afferiscono all’Arte Tersicorea, la celentano aveva ragione nel puntualizzare, negativamente, l’esibizione del fauno siculo, in quanto, eseguiva egli i passi di danza, quasi da tarantolato, a scatti, con una violenza, celerità tale, da rendere, perfino, ridicolo il suo Corpo Divino. Tanto che, a un certo punto del battibeccare tra i due, la celentano sbottò, accusando il divino, ormai, “iuvenis” (per i Latini la ”iuventus” correva dai 18 anni ai 45) di ”parlare male perché siciliano”. A dire il vero, se lo stancampiano “parlava male”, la celentano commetteva orrori di grammatica nel suo polemizzare (Io ”lo” voglio bene, ribadiva a chi l’accusava di essere prevenuta nei confronti dell’efebico ballerino) con il putto trinacrio. Apriti cielo! Bufera, quindi, sulla celentano. Intanto, bisognerebbe precisare che  ”celentano” è un tipico cognome meridionale: a bari c’è una via (purtroppo, tristemente, famosa per  il triplice omicidio dei suoi genitori e di un fratello disabile da parte di un  giovane universitario fallito) dedicata a un personaggio barese, forse un musicista, di nome ”celentano”; di napoli è la famiglia celentano che, ancora, sta cercando la figlioletta scomparsa una trentina d’anni fa e, mai più ritrovata. Orginario di foggia, leontino celentano (rappresentante di biancheria) che con la moglie giuditta giusva (sarta) si trasferì, prima in piemonte, poi, in lombardia a milano, in via gluk, in cerca di migliori occasioni di lavoro. Dalla coppia nacquero, a milano, il famoso adriano celentano e alessandro celentano, padre di alessandra celentano di cui, in questo Scritto,  Sto Discorrendo. Alessandra celentano, quindi, è una meridionale di terza generazione, nata, però, a milano, che fa la razzista nei confronti dei meridionali, senza rispetto dei suoi nonni e dei suoi avi. E Aggiungo,”statim”, che, essendo, certamente, spariti i settentrionali ”puri”, si fa per dire,  per la contaminazione (non tra gli eredi autentici dei longobardi e gli Eredi Magnanimi dei Coloni Micenei e Greci o dei Sudditi dell’Amato Federico II), che non ebbe niente da spartire con l’Auspicata, dalle Menti più Nobili,  Sintesi Dialettica tra il Meglio, dal punto di vista Biologico e Culturale, delle Popolazioni in incontro nella mala contingenza postunitaria, promotrice dell’emigrazione dei sudisti nelle regioni del nord, funzionale allo sviluppo economico e industriale dei  nordisti padroni delle ferriere. Ecco, pertanto, il risultato: una miscellanea mefitica del peggio dei meridionali e del peggio dei settentrionali, dal punto di vista biologico e sottoculturale. Sì che il becero razzismo, praticato dal movimento leghista, è, in gran parte, di marca dei meridionali di terza generazione, e fonda le radici  nel come e nel perché fu  realizzata l’unità, si fa per Dire, dell’ italietta e nelle egoistiche motivazioni impolitiche, economiche di coloro che progettarono l’annessione armata, militarizzata del sud al nord. Appena l’omino/a cambia, pur di pochissimo, la sua primeva condizione sociale, spesso, di estrema indigenza, da ultima spiaggia, tale fu quella di migliaia di meridionali (ricordiamoci dei cartelli affissi alle porte delle abitazioni in locazione  nelle città del nord, che recitavano ”Non si loca ai meridionali”. Adesso sono i ”meridionali”, ex umiliati, che  umiliano i migranti, arrivati sui barconi sulle sponde degli italioni, come loro arrivarono con le valigie di cartone al nord), dimentica da dove viene e, immantinente, si sente integrato, incluso nella merda del luogo, ov’è approdato. Non c’è l’uomo meridionale o settentrionale, con la pelle bianca o nera (per otto anni l’ ”abbronzato” obama fu l’uomo più potente del mondo. Non MI risulta che abbia cambiato, pur di poco,  il politicume della democratura degli “states”, all’interno e all’esterno di essa; non MI risulta che abbia detto: “no!” alle “lobbby delle armi”; non MI risulta che abbia preso la più sbiadita delle iniziative per abolire la pena di morte negli ”states”, i cui “bracci della morte” nei penitenziari di essi sono popolati da detenuti neri, in  special modo; non MI risulta che abbia chiuso la vergogna di “guantanamo”; non MI risulta che si sia, minimamente, inalberato per le manine leste dei suoi poliziotti, anche neri, che hanno premuto, durante la sua presidenza, il grilletto contro fermati, soprattutto, neri. L’unico segno della sua permanenza  di otto anni alla casa bianca, uno straccio di riforma sanitaria, poi, gettato via da trump), proletario o padrone delle ferriere, bracciante o agrario, emigrante o nativo di/in una zolla del pianeta. C’è l’uomo, capace di tutto, da cui tutto è possibile aspettarsi, che non ha, kantianamente, la Legge Morale dentro di sé, ma la storia, quella, di cui egli è stato protagonista, la cronaca, questa, di cui egli è protagonista. Carnefice o vittima, ma, ugualmente, fatto di quella storia, di questa cronaca. La prima, che si tramanda di padre in figlio, la seconda, che ambedue contemplano con indifferenza. Chi più, chi meno, tutti siamo figli di quella storia e spettatori di questa cronaca e, magari, senza accorgecene, collaboriamo a perpetuare la prima e a secondare la seconda. Non voglio essere banale, ma:” Chi non ha peccati …”.

 

 

Pietro Aretino

 


Pubblicato il 9 Agosto 2022

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