Cultura e Spettacoli

Minima Moralia (Meditazioni sulla Vita Offesa. T. ADORNO) (5)

“La musica, ha Detto Riccardo Muti in un’Intervista a Raffaella Carrà, non E’ Comprensione, ma Rapimento”, come la Fede, Aggiungo IO. Tanto Premesso, quale delitto alla Maestà della Cultura, in generale, dei Grandi Compositori, in particolare, che Si sono Occupati di Musica Sacra, dal Sacro Ispirati, perpetrò il volgo dei non venerabili padri, che parteciparono al sinedrio del ”vaticano2°”, nel sostituire la “Liturgia Gregoriana” in Latino, la Lingua della Essenzialità, Potata di tutto ciò che al Fedele non è necessario, per Ridurre Dio: da Infinito a Finito; da “Verbo, che Era in Principio”, da Idea, da Esigenza Umana a Carne, a Uomo. Con cosa, poi, fu il crimine compiuto? Con gli scarti di tutte le lingue e dei linguaggi parlati dai “poveri di spirito”, dagli sfigati del mondo, dalle vecchine (senza i quali le religioni istituzionalizzate non esisterebbero, addirittura come “instrumentum regni”), che profanano, sia pure inconsapevolmente, il ”Verbum” con laide, rituali giaculatorie, imprigionati nella greve mefitica banalità di esse. Gli Ultimi  non devono Essere Liberi in Dio, Liberati dalla Bellezza, ma ai ceppi costretti dalla volgarità del brutto, diffuso, profuso tra Loro, in Loro dai detentori dei regni terreni, che usano Dio “ad usum captivorum”. Quali le motivazioni di tanto scempio della Bellezza? La comprensione della”Parola del Signore”. Dio non ha bisogno di essere compreso, se è l’”Indicibile”,”sed” di Essere Amato, come Arco di Luce, che ci Sollecita a Chiudere gli Occhi e a Immaginare, a Intuire la “Forma dell’Inconoscibile”, al di là dei nostri poveri orizzonti, delle nostre, storicamente umane, possibilità di decodificazione, di decrittazione,  del Mistero, a Cancellare, quasi, il confine tra il tempo storico e l’Eterno, tra lo spazio, che le nostre protesi tecnologiche ci hanno permesso, ci permettono di indagare e circoscrivere, e l’Illimitato e l’Infinito, che Egli E’, ov’Egli E’ Bellezza, soprattutto. Sì che dall’abisso del nostro esistere a Essa ci dobbiamo lasciare Trasportare in un Vortice di Sillabe, di Note Musicali, di Segni Artistici, che Lo/La Evocano, Espressivi della nostra Brama di Lui/di Essa.

 

Mentana, direttore del “tg 7”, qualche giorno fa, ha pubblicato su ”facebook”  un suo scritto, sotto mentite spoglie, in lode dei politici “temporis acti”, cioè della prima repubblica, a fare data, Presumo, da quelli della “costituente”, fino allo sterminio degli “scrannati” a tutti i livelli delle istituzioni repubblicane, operato dalla inutile “tangentopoli”, della serie shakespeariana:”Molto rumore per nulla”. Mentana,così,argomenta: ”… che fossero (i politici) democristiani, comunisti, postfascisti, liberali o repubblicani avevano uno spessore che i protagonisti di oggi… nemmeno possono avvicinare. Tutti, dai democratici, ai leghisti, ai 5 stelle, ai forzisti, in un progressivo declino”. O buon mentana, nonostante ella sia solito redarguire tutti coloro che da lei dissentono, opponendo loro che non accetta lezioni di giornalismo da alcuno, nel mio piccolissimo, a mia volta, le Oppongo che Concordo con lei sullo spessore culturale dei politici “temporis acti”, assolutamente, non in dotazione, nelle corde degli ex venditori di bibite,”et similia”, tipo l’ex nullafacente, cane da guardia dei nostri mari, travestiti, come in un lungo carnevale, da politici, che sguainano decisioni, “ché termini la pacchia” in qualsivoglia cesso dello stato italiettino.” Tamen” tanto spessore dei primi a che”pro”, con quanti, quali risultati? Corruzione generalizzata con abominevoli pratiche tangentizie, addirittura istituzionalizzate, stragi di stato, da portella delle ginestre, alla stazione di bologna e oltre, fioritura del terrorismo pseudopolitico e mafioso, problemi sociali, economici, politici, “moro regnante”, la cui soluzione è stata rinviata “sine die”, la non emendata “questione meridionale” funzionale allo sviluppo economico delle regioni del nord, aumento vertiginoso del debito pubblico, causato, anche,dall’altrettanto vertiginoso sperpero di denaro pubblico, per motivi elettoralistici “cattedrali nel deserto” e profanazione di paradisi ambientali con industrializzazioni selvagge, irreversibilmente inquinanti come a porto marghera, gela, taranto, brindisi, termini imerese, ottana, ad esempio, dalla fine della seconda guerra mondiale, l’italietta ridotta a periferia dell’impero degli”states” e sotto la tutela, anche armata, di essi, s’ che noi italiettini, nonostante la resistenziale, consolatoria”bella ciao”, esercitiamo ”pro forma” il diritto di voto, il delitto moro e tanto altro. E allora, o, assolutamente, buon mentana, com’ella ognora s’è autodefinito,  di che sta parlando, come oggi si sgranocchia nei salotti buoni del conformismo, non soltanto linguistico?

 

In vaticano esiste un profilo curiale, in senso laico diremmo professionale, che sa tanto di millenaria, impudica muffa. Esso appartiene all’elemosiniere del papa. Sì, nel duemila e passa c’è ancora chi, socialmente, s’imbelletta della professione o dell’incarico di elemosiniere. Un immaginario addetto stampa della santa (???) sede potrebbe, giustamente (???), opporMI che non sia campata in aria la professione di elemosiniere, in quanto nel mondo ci sono milioni, milioni, milioni di poveri a fronte di poche migliaia di ricchissimi sfondatissimi. Però,”tamen”, l’addetto stampa, appena di sopra chiamato, testé promosso “in medias res”, non ha aggiunto: ”Purtroppo!”, non per  odiosa, sconcertante dimenticanza, sebbene per cieca obbedienza, coerenza al/col “discorso della montagna” del nazareno, nel quale si elencano le beatitudini, e una di esse è: l’ ”essere poveri di/in spirito”, “ condicio sine qua non”non si merita il paradiso. Quindi, mentre la ricchezza è una ineludibile categoria, tutta terrena, mondana, dell’economia capitalistica, fondata e giustificata dal profitto, in onore del quale è lecito alzare, con mezzi illeciti dal punto di vista etico (sfruttamento, avari rapine, schiavitù, servitù della gleba, etc, etc, etc), l’asticella ad altezze stellari, salvo, poi, a mostrarsi, da animule belle, schifati della ricchezza e del ricco (“E più facile che un cammello entri nella cruna di una ago, che un ricco nel regno dei cieli),  la povertà è non solo una ineludibile categoria economica, in quanto non ci sarebbero al mondo, come dianzi Dicevo, senza alcuno scandalo tollerati, ineliminabili, come l’aria, poche migliaia di ricchissimi sfondatissimi, se non ci fosse un magma sterminato di poveracci (Nell’antichità nei territori intorno al mediterraneo migliaia di schiavi producevano la innumerabile ricchezza, di cui pochissimi ladroni godevano. Roma, portando alla perfezione il sistema schiavistico, divenne ”caput mundi”. La prosperità economica degli”states” galleggia sul sangue, sul sudore di milioni di neri, trasferiti con la forza nel nuovo continente), ma anche una categoria dello spirito, perché, secondo il “vangelo”, appunto, delle ”beatitudini”, con essa, per essa, teologicamente, si ottiene la prelazione esclusiva su un posto in paradiso. Quindi, i facitori  del “vangelo” tacciono, non s’interessano della ricchezza economica mondana, che tanta miserabile povertà nel mondo produce, ma sembrano, quasi, enfatizzare, come necessaria, la povertà economica e spirituale, perché pensano, lieti, di aver, finalmente, trovato i, veramente, meritevoli del paradiso, risarcendoli del silenzio ultramillenario della loro parola di sdegno nei confronti dei sistemi sociali, politici, economici responsabili di immani sofferenze nei confronti di gran parte dell’umanità nel tempo e nello spazio passata sulla”Terra”. Ma chi sono i “poveri di/in spirito? In gran parte, le vittime impaurite dell’ignoranza, causata dalla povertà, dall’indigenza , dall’ inopia economica, che non potendo confidare negli uomini, sperano, sperarono confidano, confidarono che ci sia, che ci fosse qualcuno in cielo, in cui poter sperare, se non in questa vita, in una ipotetica vita, oltre la morte, in cui poter essere in essa ricompensati di tutte le miserie, angherie sofferte nella prima vita. I poveri di/ in spirito sono, furono i veri umili che fecero, fanno le due esperienze di povertà: quella economica, materiale e quella, diciamo, dematerializzata, spirituale, culturale, intellettuale, grazie, si fa per dire, alle quali si rifugiarono, si rifugiano in dio. Solo che a quel dio gli umili in tutti i sensi non possono, non poterono rivolgersi direttamente, ma per interposta persona, cioè, attraverso la numerosa congrega di sacerdoti, che fanno, fecero ad essi passare per “parola di dio, del signore, la parola, gli anatemi dei detentori del potere,  che in loro somministrarono la paura della morte, le minacce di sofferenze infernali se non avessero  obbedito, se non obbedissero ai contenuti di quella parola: di rassegnazione allo “status quo”di un  mondo in cui la ricchezza di esso era stata,  è requisita da pochi, sottratta a molti. Nella storia molti movimenti sono sorti con l’intento di abolire l’intermediazione dei glossatori, degli interpreti della “parola di dio” e Tutti gli Adepti ad Essi, furono cruentemente sterminati, repressi, perché la giustificazione di ogni religione sta nell’essere “instrumentum regni”, nel”relegere”, nel raccogliere la diversità dialettica di stili di vita, di pensieri, di ansie, di progetti, di speranze, di relazioni interpersonali nella statica unicità della visione del mondo dei detentori del potere. Con lo sviluppo incessante delle tecniche di comunicazione, che in tempo reale diffondono un messaggio, persuadono ad accettarlo, i detentori del potere, anche detentori degli strumenti di produzione delle sue false verità, approfittando della pigrizia intellettuale e della contestuale incapacità di Giudizio Critico  delle masse nei confronti di ciò che viene ad esse propinato o ammannito, della scarsissima positiva disponibilità di esse nei riguardi della cultura, pur avendo nel presente più disponibilità economica che non nel passato, anche recente, per acculturarsi, dignitosamente, non hanno più bisogno dei consacrati per creare maggioranze, alle loro politiche consenzienti, che non molto tempo fa erano formate dal pulpito, dall’altare, soprattutto, sì che la gerarchia della chiesa cattolica, in particolare modo, vistasi abbandonata dal suo amante, il potere, o dal potere amante, senza, giammai, Proclamare, finalmente, che dio è al di sopra della dualità: immensa ricchezza di pochi e ed estrema povertà di moltissimi, s’è messa con maggiore impegno a picchettare, non  l’ignominia della ricchezza, non l’insopportabilità della povertà, ma il privato “nababbismo” dei ricchi, ribadendo il contenuto del vangelo di matteo(19,23-30) e cioè, che essa, pur ritenendo fatale il dualismo: ricchezza- povertà, ritiene che ai ricchi non saranno, mai, aperte le porte del paradiso come, invece, senza alcun dubbio, lo saranno ai poveri. Intanto, questi ultimi ”patienter exspectent”, per Parafrasare Seneca, o “per exspectationem sperent” (sperino attraverso l’attesa) per Parafrasare paolo di tarso, per il quale la pazienza è la via verso il paradiso, ma, Aggiungo IO,  è il procrastinare l’inferno su questa “”Terra”. Comunque, male che vada, c’e sempre l’elemosiniere, che non è un prete qualunque, ma un cardinale, cioè un “apostolo di cristo”. Pensate, o miei 25 lettori, quale soddisfazione, quale stato di grazia per/in un poveraccio, per/in un senza fissa dimora vedersi recare l’elemosina dalle mani di uno che cristo avrebbe catturato e al quale avrebbe comandato di infondergli l’illusione, il greve inganno di essere il predestinato al paradiso, alla privata e pubblica Felicità celeste, che gli sono state, mondanamente, precluse.

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano.

 

 

 


Pubblicato il 15 Maggio 2019

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio