Miss Rettore punge ancora
Se la popolazione invecchia, aumenta anche l’età media dello spettatore che affolla i grandi appuntamenti del rock, della canzone nazional-popolare e della canzone d’autore. Ciò va a beneficio di star che una diversa curva demografica avrebbe da lungo tempo escluso dalla vita di palcoscenico. Se ne avvantaggia un pubblico sempre più nostalgico, perciò meno esigente, incline per solidarietà a perdonare i guasti che il tempo – nonostante rimedi anche goffi – ha portato sul beniamino di turno : Vasco Rossi si sforza di restare ‘cattivo’ ma spoglio dell’enfasi industriale che l’avvolge si svela per quello che è, un nonno rimasto lazzarone. Toto Cotugno si commenta da solo. Morandi, Ranieri, Leali, Baglioni hanno dell’innaturale E gli usurati Gino Paoli e Ornella Vanoni? … Ce ne sarebbe anche per Donatella Rettore, che poco prima di Ferragosto ha tenuto un concerto nell’area mercatale di Giovinazzo in occasione di un popolare evento gastronomico. Classe ’53, Miss Rettore – per dirla con le sue stesse celebri parole messe in musica – è sulla breccia dal ’73, anno del suo esordio discografico (‘Quando tu’, stampato dalla Edibi). Quarantasei anni di carriera non sono poi questa gran novità se si fruga tra le date di nascita delle più longeve star di casa nostra. Ma quarantasei anni consumati in costante ed usurante controtendenza meritano particolare rispetto. La Rettore non ha ancora smesso d’essere la figura esuberante e imprendibile degli anni in cui era in auge. Se tale è rimasta, ciò non si deve alle ragioni (anche) commerciali che obbligano molti suoi stagionati colleghi a replicare con stanchezza – talora plateale – il personaggio in cui una fama giovanile li ha cristallizzati. Donatella Rettore, invece, è rimasta se stessa in ragione di un sentire più profondo che in Ramazzotti, Pausini, De Gregori o Berté. Un’autenticità avvertita al punto da considerare secondario il vantaggio di mascherare la perduta, smagliante fisicità degli anni in cui questa cantante s’impose come un’icona esplosiva della musica italiana. Tale trascuratezza (infelici gli abiti di scena indossati a Giovinazzo) è apparsa addirittura cercata nella scelta di accompagnare buona parte dello show con la proiezione su maxischermo di video tratti dalle tante apparizioni televisive del periodo d’oro. Un contrasto stridente, anche amaro, di cui però intatti carisma e grinta sembravano farsi beffe. Uno spettacolo sobrio, non segnato dal solito profluvio di luci e fumi artificiali. Buona l’accoglienza della platea (qualche migliaio di spettatori), che però avrebbe gradito qualche canzone in più. Al contrario lo spettacolo, che non è andato oltre i novanta minuti, non ha regalato neanche un bis.
Italo Interesse
Pubblicato il 27 Agosto 2019