Cronaca

Motosega… e moto di coscienza

Si comincia a tagliare. Le prime campagne a conoscere lo scempio sono state quelle di Torchiarolo nel brindisino e quelle di Trepuzzi, nel Salento. Per ora si tratta di azioni volontarie compiute da quei proprietari che si sono adeguati alle imposizioni del piano di interventi per fronteggiare l’emergenza Xylella. Si adegueranno tutti gli  altri proprietari?… I dubbi crescenti sull’opportunità di abbattere oltre alle piante malate anche quelle sane nel raggio di cento metri promettono di dare vita ad un fenomeno inatteso : l’obiezione di coscienza. Mettiamo che un proprietario si rifiuti di obbedire all’ordinanza di abbattimento. L’Autorità cerca allora di ingaggiare operai disposti ad eseguire l’ordine. Ma ecco prendere piede un nuovo moto di coscienza, una forma di solidarietà verso possidenti già nei guai col codice penale, verso milioni di piante gratuitamente a rischio-motosega e verso una cultura, un’identità regionale e persino sovra-regionale condannate alla scomparsa. Nessun operaio si dichiara disposto a fare il boia. Allora cosa fa l’Autorità, va all’estero ad assoldare squadre di operai? Verrebbero mangiati appena mettessero piede in casa nostra… Le probabilità che prenda piede un fronte ‘obiezionista’ sono legate alla sempre più diffusa coscienza che il caso Xylella potrebbe essere frutto di allarmismo esasperato o di calcolo perfido. Perciò, sostengono gli anziani, si fermino le eradicazioni, si chiudano le bocche ai chiacchieroni e si torni all’antico, ovvero  procedere con potature radicali, curare le piante con una soluzione di solfato di rame e grassello di calce e attendere che la natura faccia il suo corso. Dopotutto la  Xylella è dannosa esattamente quanto lo fu il punteruolo rosso che alcuni anni fa fece strage di palme. Contro il punteruolo rosso non venne avviata alcuna campagna. Quante palme morirono? Non più che un dieci per cento. Quelle sopravvissute uscirono dall’epidemia addirittura rinforzate e al presente sfolgorano di bellezza. E’ una storia, questa, vecchia quanto il mondo. Non è la prima volta che epidemie vegetali fanno strage. Nessuna di queste ha mai segnato la fine di una specie botanica. Le piante più forti resistono e, in seguito, sui terreni su cui si è abbattuto il flagello le stesse piante tornano a germogliare. Dopotutto i focolai infettivi sono come gli epicentri sismici : a misura che si propagano perdono intensità sino a neutralizzarsi da soli. E come nel cuore dei focolai sismici gli edifici ben costruiti resistono alla scossa, allo stesso modo ulivi non indeboliti dall’abuso di prodotti chimici possono uscire dall’attacco della Xylella o di qualunque altro parassita non più che provati, cioè in grado di tornare in capo a un paio di stagioni al primigenio splendore. Ma attenzione, una vittoria del fronte ‘obiezionista’, anche corroborata dalla naturale ripresa delle piante malate, non avrebbe senso se si ritornasse a coltivare gli olivi come purtroppo oggi è prassi, ovvero facendo ricorso ai ritrovati dell’industria chimica. Più dannosa della Xylella resta l’industria chimica che, non sazia di avvelenare il mondo con pesticidi, diserbanti e fitofarmaci, sogna di riforestare la Puglia con ulivi di nuova generazione. Geneticamente modificati, si capisce.

 

Italo Interesse

 

 

 

 


Pubblicato il 15 Ottobre 2015

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